Con ‘carta e penna’, un convegno, per guardare oltre ‘il digitale’

Una riflessione

Quando la nostra riflessione si concentra sull’attività dello scrivere, la frase  “C’era una volta la scrittura a mano” ci viene subito alla mente e ci trasporta in contesti della nostra vita quotidiana passata nei quali era naturale scrivere e l’uso della carta e della penna costituiva un tutto inscindibile, qualcosa che ci accompagnava nelle diverse occupazioni di ognuno di noi.

L’evoluzione:  dalla scrittura tradizionale ai modi dello scrivere più tecnologici

L’argomento sull’evoluzione delle nostre abitudini circa le modalità dello scrivere e del leggere è sempre attuale nelle nostre discussioni e ultimamente è stato oggetto del convegno ‘Scuola digitale: il valore imprescindibile di carta e penna’ organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi, svoltosi al Senato il 17 luglio.

Vi hanno partecipato Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research che ha presentato un sondaggio sul tema, Maria Teresa Morasso, grafologa, Massimo Ammaniti, psicoanalista, Sergio Russo, insegnante, Martina Colasante, public policy manager di Google.

A presentare il progetto, il Segretario Generale della Fondazione Luigi Einaudi, Andrea Cangini, che ha illustratole principali ricerche internazionali sull’argomento, da cui emerge un dato incontrovertibile: eliminare carta e penna dal sistema scolastico danneggerebbe le capacità cognitive dei giovani.

L’evoluzione:  dalla scrittura tradizionale ai modi dello scrivere più tecnologici

Il contesto della scuola  è  a proposito, infatti, era la scuola il teatro principale dove tale attività veniva esercitata, era li che si incominciava ad imparare i primi rudimenti della scrittura e contemporaneamente della lettura, lo scrivere e il leggere costituiva un primo traguardo per noi bambini per poi essere proiettati in un mondo di ulteriori conoscenze, una chiave ed una necessità per entrare in un mondo nel quale da sempre la scrittura è stata il tramite per la diffusione della cultura e della civiltà.

Per chi è nato nel secolo scorso ha avuto l’opportunità di vivere questa evoluzione, il cambiamento dalla scrittura tradizionale ai modi dello scrivere più tecnologici, il passaggio dalle macchine da scrivere alla scrittura e lettura digitale tramite computer e smartphone.

Oggigiorno il modo di scrivere ‘antico’ coesiste con il più moderno’ digitale’, ma sono sempre meno le persone che adoperano i mezzi tradizionali di scrittura e lettura, anche la maggior parte delle persone di una ‘certa età’ si sono abituati al ‘nuovo’, mentre sono pochi ‘i giovani nativi dell’era digitale’ che usano i mezzi tradizionali.

Le ricerche

La Fondazione in modo particolare ha messo assieme le principali ricerche scientifiche internazionali prodotte finora sull’argomento,  fra cui quella realizzata dalla professoressa Virginia Berninger dell’Università di Washington che ha dimostrato come “in termini di costruzione del pensiero e delle idee, c’è un rapporto importante tra cervello e mano”.

È la mano che plasma il cervello e “sarebbe un errore derubricare a mera questione di gusto la scelta di scrivere digitando le lettere su una tastiera rispetto al gesto grafico della mano su carta”. E un’altra ricerca “Evolution of Reading in the Age of Digitalization” ha restituito dati ancora più significativi: tra il 2014 e il 2018, circa 200 studiosi europei hanno indagato, su un campione di 170mila partecipanti, l’impatto della digitalizzazione sulle pratiche di lettura. Risultato?

La carta rimane il medium da preferire nella lettura di testi, soprattutto se lunghi. La lettura su carta sviluppa attività cognitive, come la concentrazione, la costruzione del vocabolario e la memoria.

Il pensiero del ministro Giuseppe Valditara

Ha sostenuto Giuseppe Valditara nel corso del convegno: “La rete non può né deve spazzare via la carta e la penna perché lettura su carta e scrittura a mano sono insostituibili. L’apprendimento attraverso i libri non è rimuovibile dal sistema dell’istruzione”.

“La conoscenza, soprattutto nei primi anni di vita, passa attraverso la sollecitazione di tutti e cinque i sensi”, ha detto il ministro, “sollecitare solo la vista, come avviene con il digitale, impedirebbe lo sviluppo armonico e completo della persona. Il digitale non è rinunciabile, ma va governato”, chiarisce Valditara e aggiunge “alla logica dell’aut-aut preferisco la logica dell’et-et: valorizzare al massimo entrambe le opportunità”.

Negli ultimi anni il processo di digitalizzazione sta interessando anche il settore scolastico e dell’istruzione, ormai le lavagne elettroniche, i tablet fanno parte dell’uso quotidiano nelle scuole.

Le opinioni in materia degli insegnanti e docenti

Questi sono i numeri delle risposte relative al sondaggio effettuato tra gli insegnanti e i docenti

  • il 37, 9% dice, sono strumenti più pratici ed efficienti
  • il 32, 3 % dice, sono strumenti che aiutano a migliorare l’insegnamento
  • il 29 % dice che sono strumenti che riducono i costi
  • il 27, 9 % dice che sono strumenti che aiutano gli studenti a studiare e capire
  • il 26,3 % dice che sono strumenti che distraggono e disturbano l’insegnamento
  • il 19,8 % dice che sono strumenti ‘ambientalmente’ più sostenibili

Le conclusioni

“Cuore del pensiero einaudiano” afferma in chiusura il segretario generale della Fondazione, Andrea Cangini “ è la centralità della persona: la politica deve limitarsi a creare le condizioni affinché ciascuna persona possa sviluppare al massimo le proprie potenzialità. far sparire carta e penna dall’orizzonte umano, e soprattutto dal perimetro dell’Istruzione, significherebbe comprimere le potenzialità dell’individuo.

La nostra ricerca dimostra inequivocabilmente che la scrittura a mano e la lettura su carta stimolano il cervello e mettono in moto meccanismi neurologici che gli strumenti digitali non sollecitano: farne a meno significherebbe arrecare un danno irreparabile a ciascun singolo individuo, e dunque alla società nel suo complesso”.

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