Ecco perché la Corte dei conti giudica pericolose le scelte del governo su contanti, pos e pace fiscale

L’Esecutivo di governo si prepara all’approvazione della Manovra di bilancio. La Corte dei conti solleva (e motiva) obiezioni su quelle misure che regolamentano pagamenti cash; uso del pos e relativo rifiuto di commercianti e professionisti; pace fiscale.

Quello che proprio non piace alla Corte dei conti

I punti controversi sono: l’innalzamento da 1.000 e 5.000 euro dell’utilizzo del denaro contante e la possibilità per commercianti e professionisti, di rifiutare pagamenti con carte e bancomat per qualsiasi importo. Le sanzioni, dal 2023, scatteranno solo se si rifiutano pagamenti superiori ai 60 euro.

Più cash, più possibilità di evasione

L’organo di controllo dei conti pubblici presenta in audizione alle commissioni di Camera e Senato un documento nel quale è spiegato il parere negativo. “Una riduzione dell’uso del denaro contante (il cui trasferimento non è tracciabile) potenzia l’azione di controllo e, rende le attività criminose più difficili da compiere”. Il testo poi precisa: “La diffusione dei pagamenti elettronici, oltre a garantire la libertà di scelta dei consumatori, semplifica gli adempimenti fiscali e amministrativi. Concorre all’emersione delle basi imponibili nei settori dove sono più diffusi i fenomeni evasivi”.

Cdc: Il pos contrasta il “nero”

La relazione della Corte dei conti evidenzia inoltre come “la non sanzionabilità del rifiuto ad accettare pagamenti elettronici possa risultare incoerente con l’obiettivo di contrasto all’evasione fiscale previsto nel Pnrr.
Secondo la maggioranza invece, non c’è relazione tra il pagamento in contanti e la diffusione del “sommerso”. In altre parole, l’opinione del governo è che non sono i pagamenti cash a favorire le transazioni “in nero”. Meloni spiega inoltre che ci sono altre nazioni come Germania o Austria, dove non c’è un tetto al contante”.

La Corte dei conti però ribatte alle affermazioni della Premier “La soglia di utilizzo del contante non è imposta uniformemente a livello UE. Ogni Stato membro può fissarne la misura. Tale libertà, dovrebbe sottintendere una coerenza con la gravità dei fenomeni criminosi presenti in ciascuno Stato membro, che si intendono contrastare”. La situazione italiana, secondo la Corte dei conti, non si può paragonare a quella di altri Stati europei e i pagamenti elettronici sono un forte strumento per combattere il sommerso.

Obiezioni anche sulla pace fiscale

Nella relazione è trattata anche la misura della pace fiscale e anche qui la Corte dei conti solleva dubbi. “La cancellazione delle cartelle fino a 1.000 euro e le altre norme inserite in manovra, non prevedono valutazioni dell’effettiva situazione di disagio del debitore. Il rischio è di far passare il messaggio che sottrarsi al pagamento dei tributi possa essere notevolmente vantaggioso”. L’organo di controllo specifica poi che esiste il pericolo che la “tenuità della sanzione” aggravi ulteriormente il fenomeno delle imposte dichiarate e non versate, da tempo segnalato dalla Corte.

Un altro elemento di squilibrio è inoltre dato dalla possibilità di versare la sola imposta dovuta per chi ha “omessi o carenti versamenti dovuti a seguito di rateazioni”. Questo contrasta con il trattamento per quei contribuenti che hanno attivato rateazioni e le stanno regolarmente onorando. Lo stralcio delle cartelle fino a 1.000 euro, permette la cancellazione di molte “singole partite” di uno stesso debitore. Gli importi complessivi quindi, in diversi casi, possono facimente arrivare ben oltre la soglia fissata dei 1000 euro. Anche questa è un’increspatura di una misura che la Corte dei conti non giudica con favore.

Foto: danea.it

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