Impennata di contagi, dal 9 novembre chiusura totale: “Questa è l’unica soluzione”

Italian Prime Minister Giuseppe Conte decreto aprile attends a press conference at the end of the Council of Ministers for the Coronavirus emergency at t?he Palazzo Chigi in Rome, Italy, 08 March 2020. ANSA/PALAZZO CHIGI/FILIPPO ATTILI HANDOUT HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES/NO ARCHIVES

Lockdown, è scontro. E mentre il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro afferma, come riporta repubblica.it, che un lockdown totale arriverà solo come estrema ratio e quindi sarà per quanto possibile evitato, gli esperti continuano a dividersi. La curva è ormai esponenziale, quindi a partire dal responsabile del Coordinamento Covid-19 per i reparti dei pronto soccorso lombardi Guido Bertolini, “l’unica cosa che si può fare è chiudere tutto, un lockdown a livello nazionale. La situazione nei pronto soccorso è drammatica, non solo in Lombardia, ma ovunque a livello nazionale”.

Molti parlano di differenziazioni fra le regioni. Come Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’università Cattolica di Roma e consigliere del ministro Speranza. “Ci sono delle aree del paese dove la trasmissione è esponenziale e le ultime restrizioni adottate che possono essere efficaci nel resto del territorio, in quelle zone non sono valide per fermare il contagio. A Milano e Napoli uno può prendere il Covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. Stare a contatto stretto con un positivo è facilissimo perché il virus circola tantissimo. In queste aree il lockdown è necessario, in altre aree del paese no. Ci troviamo in presenza di migliaia di soggetti asintomatici che tornano a casa, dove non si indossa la mascherina, ci si bacia e ci si abbraccia”.

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Lo stesso Ricciardi, a capo dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni insieme al dottor Alessandro Solipaca, spiega che la curva dei contagi ha assunto di nuovo un andamento esponenziale, la preoccupazione maggiore è che la crescita possa tornare ad aumentare la pressione sulle strutture ospedaliere, in particolare nelle terapie intensive. Ben 7 Regioni sono da “codice rosso”, che palesano un aumento dei ricoveri in ospedale e nelle terapie intensive molto sostenuto se confrontato con quello della fase acuta registrata ad aprile.

Ma il governatore della Lombardia Fontana esclude la possibilità di un vero lockdown: “Escludo che ci siano le condizioni per prevedere ipotesi di questo genere, anzi, tutti i nostri interventi vanno nella direzione di evitare ogni tipo di lockdown”. Le ultime limitazioni regionali per la Lombardia anti-Covid saranno “ribadite” in una nuova ordinanza attesa in giornata, necessaria per allineare a livello tecnico quella attualmente in vigore con il nuovo Dpcm.

Il virologo Pregliasco invece, che si era detto favorevole a misure più dure, ora si dice “convinto che sia possibile piegare la curva in un mese se saremo uniti e, sulla linea del nuovo Dpcm, sapremo ridurre i contatti non essenziali. Mi rendo conto che questo è un Dpcm di compromesso, e che a pagare è la socialità, ma se riusciamo a limitare i nostri contatti è fattibile piegare la curva in un mese”.

Intanto, l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornato al 20 ottobre, evidenzia come mentre nelle prime settimane dell’epidemia da Covid “si riscontrava una maggior percentuale di casi severi, critici e di deceduti postivi diagnosticati mediante tamponi effettuati post-mortem), con il passare del tempo si evidenzia in percentuale un netto incremento dei casi asintomatici o paucisintomatici e una marcata riduzione dei casi severi e dei decessi”. È verosimile, dice Flavio Riccardo dell’ ISS, che “oltre l’80% di tutti coloro che contraggono l’infezione siano asintomatici o paucisintomatici“. I dati mostrano il cambiamento nel tempo del quadro clinico riportato al momento della diagnosi dei casi confermati di Covid-19: nel periodo 20 luglio-20 ottobre gli asintomatici sono il 56,5% sul totale dei test molecolari effettuati. La percentuale era invece pari al 15,1% nei primi tre mesi dell’epidemia (20 febbraio- 20 maggio). Questo però non significa abbassare la guardia perché l’aumento è dovuto anche all’incremento dei tamponi effettuati e perché non c’è alcuna prova scientifica che un asintomatico non sia contagioso.


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