INPS, Pensioni: taglio assegno quando e per chi

Il 2020 sarà ricordato senza dubbio come un anno a dir poco terribile, per gli effetti, come riporta trendonline.com, funesti del coronavirus e le pesantissime ricadute sull’economia.

Il problema sicuramente non è solo italiano, ma limitando al momento l’osservazione solo allo scenario domestico, emerge chiara la preoccupazione anche per il futuro delle pensioni erogate dall’Inps.

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Pensioni: primi tagli in arrivo dal 2021. Ecco per chi e di quanto
Proprio in questo momento in cui inizia ad entrare nel vivo la discussione relativa alla riforma previdenziale, si guarda con apprensione a quanto potrà accadere alle pensioni.

La grave crisi economica che sta vivendo l’Italia pone non pochi interrogativi sul futuro degli assegni previdenziali che di fatto subiranno delle revisioni al ribasso.

I primi tagli si avranno già a partire dal 2021, alla luce delle modifiche ai ai coefficienti usati per il calcolo della quota contributiva della pensione in base a quanto versato dal lavoratore.

A decorrere dall’1 gennaio 2021, i divisori e i coefficienti di trasformazione del montante contributivo sono rideterminati per il biennio 2021-2022.

La conseguenza è quella di piccoli tagli sull’importo mensile della pensione che dovrebbero essere contenuti tra un minimo dello 0,33% e un massimo dello 0,7216%.

Da evidenziare che queste revisioni al ribasso della pensione interesseranno coloro che andranno in pensione a partire dall’1 gennaio 2021 e fino al 2022, mentre non ci sarà alcun impatto per chi lascerà il lavoro entro la fine di quest’anno e per chi percepisce già una pensione.

Pensioni: prospettive allarmanti con crollo PIL in Italia
Ben più preoccupante lo scenario che si va delineando per quanti si preparano a lasciare il lavoro a partire dal 2023, visto che per loro l’impatto si profila più pesante.

Una previsione questa legata al pessimo andamento del PIL che quest’anno sta accusando un vero e proprio crollo in Italia, ma anche altrove, a causa della crisi innescata dal coronavirus.

Come è noto c’è una stretta correlazione tra la performance del PIL e l’importo degli assegni previdenziali, visto che all’aumentare del primo corrisponde un incremento del secondo e viceversa.

Pensioni: come funziona correlazione con il PIL
La riforma Dini del 1995 ha infatti stabilito che il montante contributivo si rivaluti in base all’andamento del PIL.

Nel dettaglio, è previsto che i contributi versati a partire dal 1996 e che ricadono nel nuovo metodo di calcolo, ossia contributivo, vengano rivalutati con un tasso di capitalizzazione dato dalla crescita media del PIL dei cinque anni precedenti.

Ad essere influenzato dalla crisi del 2020 sarà solo il tasso di capitalizzazione del 2022 che riguarda quindi i pensionamenti compresi tra l’1 gennaio 2023 e il 31 dicembre dello stesso anno, in quanto calcolato sulla base della variazione media del Pil del quinquennio 2015-2020.

Pensioni: dal 2023 l’assegno scenderà. Quanto si perderà?
Per quest’anno le ultime stime indicano un crollo del PIL nell’ordine del 10%-11% e una conferma di questa previsione sarà senza dubbio negativa per quanti andranno in pensione a partire dall’inizio del 2023.

Se prima abbiamo parlato di mini-tagli che si vedranno già a partire dal prossimo anno, anche per chi lascerà il lavoro dal 2023 non si profila una stangata, ma di sicuro una riduzione non trascurabile dell’assegno mensile.

Secondo alcune stime elaborate dagli esperti, la perdita relativa alla rivalutazione del montante contributivo potrebbe essere pari all’incirca al 2,5%.

Ciò si tradurrebbe in un taglio dell’1,6%-1,7% dell’assegno mensile, quindi su 1.000 euro di pensione si tratterebbe di 16-17 euro al mese.

Un importo non certo allarmante, ma a preoccupare è soprattutto il fatto che l’impatto negativo del PIL sulle pensioni sarà destinato a farsi sentire ancora di più nel tempo, motivo per cui urge un intervento del legislatore per scongiurare ripercussioni ancora peggiori.

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