“Io malato di Coronavirus, vi racconto il mio calvario”

Lo abbiamo contattato telefonicamente, Stefano Renzetti nato a Tivoli,  che però da sempre vive a Subiaco, malato di Covid-19 e probabilmente il “paziente 1 “  della città benedettina.

Stefano ci ha detto di avere 45 anni, di aver lavorato come operaio edile, ma di essere in malattia dal 21 luglio a causa di una infezione al labirinto dell’orecchio, che lo ha portato ad avere un edema cerebrale , che gli ha compromesso l’equilibrio, che ora fortunatamente ha ripreso al 98% .

La prima domanda che ovviamente gli abbiamo posto è, Come hai preso il Covid-19 Stefano?

“Questa è una bella domanda …” – replica-“Ho condotto una vita da recluso dal 21 luglio ad oggi, uscivo solo un’ora la mattina per fare colazione …  in sette mesi sarò andato in 5 o 6 bar diversi o al supermercato per fare la spesa, non riesco veramente a immaginare dove sono stato contagiato.”

Come ti sei accorto del contagio?

Ci ha spiegato di avere avuto sintomi febbrili agli inizi di marzo e che dopo 3 o 4 giorni si è deciso a chiamare il numero di emergenza 1500 “la ragazza del call-center, mi ha elencato i sintomi tipici della malattia e io li avevo tutti, tranne la difficoltà respiratoria, a quel punto lei mi rispose che non avevo altro che un po’ di influenza” di fatto venne negato l’intervento degli operatori che dovevano effettuare il tampone.

Hai continuato a stare male?

“Sono stato male per 11 giorni, con la febbre a 38° e forti dolori muscolari e alle ossa, che non passavano con i medicinali di base;  ho a quel punto allertato il 118 che è intervenuto il 13 marzo, anche perché avevo  difficoltà respiratorie e una tosse persistente, come quella di un fumatore incallito, ma la dottoressa e l’infermiera che mi hanno visitato mi hanno solo preso la temperatura, hanno insistito che si trattava dell’influenza stagionale e mi hanno fatto firmare un foglio andando via.”

Cosa è successo dopo?

“Il giorno dopo si è sentita male mia suocera, era esanime nel letto, ma l’equipaggio dell’ambulanza che è intervenuta disse che era un malore dovuto ai farmaci antidepressivi che lei prende, sono andati via; il 15 marzo però,il giorno successivo, mia moglie li ha richiamati e a malincuore hanno deciso di portarla in ospedale. Si sono proprio incazzati, scusa il francesismo, ma secondo loro non era necessario.”

Era positiva al Covid?

“All’ospedale di Subiaco risultò positiva e la trasferirono allo Spallanzani dopo 3 giorni di isolamento, ora è fortunatamente guarita ed è stata dimessa lunedì scorso, poi è toccato a mio suocero …”

Anche tuo suocero positivo?

“Il 18 marzo hanno ricoverato anche lui, all’Umberto I e aveva il tampone positivo; lui versa in brutte condizioni essendo anche cardiopatico, secondo quanto ci è stato detto avrebbe anche uno strascico della malattia ai polmoni. Soltanto dopo il ricovero di mio suocero si sono decisi a fare il tampone anche a mia moglie, che però è risultata negativa.”

E tu come hai scoperto di essere positivo?

Ci ha raccontato Stefano, che probabilmente il paziente 1 è lui e non sua suocera, di aver contagiato lui inconsapevolmente i familiari e di aver scoperto la sua positività non certo grazie alla Asl “Il 1 aprile potevo uscire perché mi era finita la quarantena obbligatoria”perché essendo positivi i suoceri era sottoposto alle restrizioni e non sapeva ancora di essere positivo “al 28 di marzo sono stato contattato dalla ASL Roma 5 dicendomi che se volevo fare il tampone dovevo recarmi alla loro sede di Guidonia, mettendo di fatto a repentaglio la vita di altre persone perché non potevo sapere se era ancora positivo o negativo. Non mi sono recato alla sede come indicato, ma sono comunque riuscito a fare un tampone in casa, al quale sono risultato alla fine positivo. Ora debbo restare in isolamento per altre 2 settimane in attesa del nuovo tampone.”

Oltre alle incomprensioni con il numero 1500, con il personale del 118 e con la Asl, hai avuto altri problemi?

Quando si è ammalata mia suocera lo ha saputo prima il paese e poi noi, e questa è una cosa che è sfuggita dal pronto soccorso, era il primo caso di contagio di Subiaco e a noi ci ha dato molto fastidio per due motivi: primo non possono le persone telefonarmi per dirmi queste cose prima che me lo dica un medico, questo è gravissimo. Secondo in pratica ci hanno trattato come degli appestati, gente che ci telefonava dicendoci che siamo andati nella zona rossa, non ci dovevamo permettere  e qualcuno ci accusava di essere andati in settimana bianca, con tutto che io ero in malattia dal 21 di luglio e non potevo uscire neanche dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, quindi non avrei mai potuto uscire da Subiaco e non posso neanche guidare per il problema che ho avuto.”

A chiamarli o a mandare messaggi anche persone sconosciute, che hanno ottenuto anche il numero della moglie, per via del lavoro di public relations che svolge, inviando rimproveri assurdi “dove siete stati? Ci dovete dire cosa avete fatto!”. Mai minacce o insulti diretti comunque, ma un modo di agire che ha fatto molto male a Stefano e alla sua famiglia.

Qualcuno ti è stato accanto in questi momenti difficili?

“Ho avuto vicinanza dai ragazzi della Protezione Civile, i ragazzi della Pragma che per quanto riguarda l’immondizia sono stati comprensivi e in particolar modo Luciano il responsabile che mi chiama e mi tiene aggiornato su come smaltire i rifiuti, ma mi chiede anche come sto, come stanno i miei suoceri.”

Qualcuno delle istituzioni?

“Emanuele Rocchi, Responsabile della Lega Subiaco, che mi chiama quasi tutti i giorni e anche il sindaco Pelliccia, che un giorno si e un giorno no mi chiama per sapere le mie condizioni e dei miei suoceri.”

Qual è il tuo pensiero su tutta questa storia?

“Se io non mi incazzavo per farmi fare il tampone, dal 1 aprile sarei potuto uscire e causare un epidemia, questo si è evitato grazie alla mia insistenza. Mi sento anche abbattuto oltre che arrabbiato, per aver contagiato inconsapevolmente i miei suoceri, cosa che si sarebbe potuta evitare se al 1500 mi avessero ascoltato.”

Hai avuto paura?

“La mia paura è stata per i suoceri non per me, sono sempre stato positivo a livello mentale, mi sono spaventato per le condizioni in cui hanno portato via i miei suoceri,

io una febbre così non l’ho mai avuta, era fissa a 38°, prendevo la tachipirina, scendeva un po’ e poi risaliva dopo poco, ma di questo morbo sono i dolori fisici a ossa e muscoli che ti fanno male davvero, non mangiavo e non riuscivo a camminare. Una cosa veramente assurda per una persona di 120 kg per 1,82 di altezza.”

Sei arrabbiato con i tuoi compaesani?

“Nei confronti dei miei paesani io non ho fatto niente di male, il male non se lo cerca nessuno e nessuno si diverte a spargerlo in giro, è una malattia, non me la sono cercata, perché ero recluso in casa. La cosa che mi ha dato più fastidio che persone che pensavo fossero amiche, mi hanno trattato come un lebbroso, mentre gente che avevo della semplice conoscenza si sono resi disponibili a farmi di tutto e di più, dal portarmi il pellet, la spesa, le medicine, gente che a malapena conosco di vista.

Non si dovrebbe mai giudicare una persona a prescindere da quando c’è la malattia e a chi tocca questa cosa ci sono degli strascichi anche a livello psicologico, io avrò problemi per il lavoro e li avrà anche mia moglie, perché la gente ci considera degli appestati.

Spero che con questo articolo qualcuno si ripulisca la coscienza, comprenda che io non ho nessuna colpa e che se il servizio di assistenza avesse funzionato a dovere, ci saremmo evitati questo calvario, per questo consiglio a chiunque avesse i sintomi di non sottovalutare la cosa e insistere per avere il tampone, ma soprattutto consiglio alle persone di restare a casa.”

 

Intervista a cura di Francesco Digiorgio

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