La politica dei tagli “brucia” 100 scuole in Sicilia

Il mondo della Scuola è da sempre oggetto di dibattito per le sue troppe carenze e per i molti problemi che ogni anno si presentano, l’ultimo disagio è di natura politica. La Legge di Bilancio 2023 infatti, costringerà alla chiusura diversi istituti scolastici.

La solita storia

I disagi della Scuola sono sostanzialmente ciclici, nel senso che ogni nuovo anno scolastico presenta a famiglie, studenti e docenti la solita litania irrisolta delle tante problematiche che rendono l’istruzione complicata e disseminata di piccoli e grandi impedimenti. Il caro-libri che mina pesantemente l’economia delle famiglie, i costi di segreteria, le spese per il materiale didattico: quaderni, materiale per disegno, attività fisica, materiale connesso alle attività scolastiche… Altro elemento di disagio è senza dubbio quello del solito balletto delle cattedre vuote, in attesa dell’assegnazione dei ruoli, ma anche delle nomine dei direttori dei servizi generali e amministrativi. C’è poi la questione riassunta con la definizione “classi pollaio” che definisce la presenza massiccia di alunni nelle aule. Non possono mancare poi tutti i problemi strutturali che, proprio fisicamente, indeboliscono le scuole, quelli che, in altre parole, interessano il decadimento degli istituti scolastici. Tetti che “perdono”, finestre rotte, bagni non proprio idonei, infissi da riparare, banchi, cattedre e lavagne non sempre in buono stato di conservazione.

Gli interventi

Superate le restrizioni sanitarie dovute alla pandemia e superata la Dad (didattica a distanza), per la scuola avrebbe dovuto aprirsi un percorso meno pressante. In Sicilia però, come nel resto d’Italia, i problemi che hanno investito l’istruzione sono stati veramente devastanti per il buon esito delle lezioni e gli studenti ne hanno, anche quest’anno, subite le conseguenze. Gli interventi ci sono stati e la risoluzione di buona parte dei tanti disagi è stata compiuta, nel limite delle possibilità. La partenza dell’anno 2022 2023 è stata comunque “zoppicante” per diversi plessi scolastici che, durante il percorso iniziale, hanno messo in campo risorse per correggere disagi e carenze. La scolarizzazione dovrebbe essere una strada in discesa e non dovrebbero esserci paletti che ne rallentano lo svolgimento. I direttori di istituto ingaggiano ogni anno un braccio di ferro con le istituzioni per l’ottenimento di risorse da destinare alla scuola, ma è quasi sempre impossibile riuscire ad ottenere l’intero fabbisogno economico. Il governo dirotta risorse troppo contenute per il settore e stringe la cinghia obbligando chi gestisce le scuole a operare rinunce a quei sevizi che non siano prettamente indispensabili.

L’ultimo “regalo” dello Stato in Legge di Bilancio

La Legge di Bilancio 2023 approvata dl governo Meloni introduce nuove misure per l’accorpamento delle scuole in seno al dimensionamento scolastico. La misura prevede che per ogni istituto saranno assegnati 900 alunni, invece dei 600 attuali.

In pratica questa variazione si tradurrà con la chiusura di diversi plessi scolastici. Una stima dei sindacati indica che le scuole che verranno chiuse in tutto il territorio saranno circa 700. E nella sola Sicilia, queste saranno 109. Un numero impressionante per una Regione che vive già una condizione non certo di privilegio nelle attenzioni del governo.

Quando arriva il taglio?

A partire dall’anno scolastico 2024 2025 saranno visibili gli effetti del dimensionamento scolastico, ma col prossimo settembre 2023 molte scuole saranno accorpate e gran parte proprio nel Sud-Italia. Le regioni oggetto di attenzione sono Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna. Come visto dalle previsioni sindacali, in Sicilia si perderanno 109 istituti scolastici, ma l’Ufficio scolastico regionale getta acqua sul fuoco spiegando che per adesso non ci sono decreti attuativi e quindi ancora non c’è da preoccuparsi… La Flc Cgil Sicilia non è così serena nelle previsioni e lancia l’allarme lamentando che “La Sicilia, tanto per cambiare, sarà la regione più danneggiata dopo la Campania”. Il quadro reale attuale non lascia scampo: In Sicilia ci sono più di 500 scuole sotto la soglia dei 900 iscritti e la misura del dimensionamento, contenuta nella Legge di Bilancio, indica il limite dei 900 iscritti perché la scuola resti operativa. Gli effetti dell’attuazione del dispositivo obbligheranno oltre 100 istituti alla chiusura.

Gli effetti collaterali

Il dimensionamento scolastico oltre a far sparire alcuni istituti scolastici obbligando così gli alunni a percorsi probabilmente più lunghi per raggiungere la scuola, produrrà anche diversi vuoti occupazionali. Se una scuola chiude, il direttore, il personale amministrativo, i docenti e gli operatori scolastici, ovviamente non servono più. Dove saranno ricollocati questi lavoratori, non è dato saperlo, almeno non ancora. Immaginiamo come debba sentirsi la famiglia di un operatore scolastico che attualmente presta il suo servizio in un plesso con pochi iscritti. Se una scuola chiude non sono solo i diretti occupati ad essere a rischio disoccupazione ma tutto l’indotto che ruota intorno all’istituto. E’ facile pensare al negozio vicino alla scuola che vende materiale scolastico, o al commerciante che “guadagna” nel periodo scolastico vendendo panini o bevande. Ma anche e soprattutto i fornitori di servizi connessi alla scuola: la mensa scolastica, le manutenzioni… Alcuni osserveranno che nel peggiore dei casi, costoro andranno ad ingrossare la platea dei percettori del Reddito di cittadinanza. Purtroppo però, il governo Meloni ha messo mano anche a questa misura rendendola ormai insufficiente e destinata a morire.

Perché questa misura

La risposta è semplice, tagliare le scuole vuol dire tagliare i costi. La previsione di risparmio della Spesa pubblica, secondo quanto emerge dalle proiezioni della Cgil, portano dagli oltre 52 miliardi attuali a quasi 48 miliardi nel 2025.

Lo Stato riduce la Spesa e lo fa ricorrendo ai tagli. L’alternativa è aumentare le tasse ma è una scelta impopolare che provocherebbe critiche all’esecutivo, così si preferisce colpire un settore che invece andrebbe maggiormente tutelato.

Come si può optare di “far cassa” sulla Scuola, sulla Sanità o sulla Sicurezza? Come si può non tenere conto che una scuola che accoglie molti studenti avrà difficoltà di gran lunga superiori rispetto ad una che riceve un numero minore di alunni? I disagi che verranno saranno superiori agli attuali, non servono capacità divinatorie per prevederlo. I ragazzi sono il futuro, lo sono quelli che studiano in Sicilia e lo sono quelli delle altre regioni del Paese. Se offriremo loro un servizio scolastico carente e di difficile fruizione dovremo essere pronti ad avere una prossima classe dirigente non certo competitiva. E’ davvero questo che auspichiamo per le prossime generazioni?

Foto: vignaclarablog.it

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