L’amore per il Libano sentito dalla Sicilia

Beirut 5 agosto (AP Photo/Bilal Hussein/LaPresse)

Lo scorso 5 agosto ci fu una tragica esplosione a Beirut che, con 300.000 persone sfollate e 200 morti, ha fatto rivolgere l’attenzione del mondo verso il Libano che sta vivendo una fase molto difficile (da marzo il Paese è in default). Ci siamo chiesti quale sia la presenza degli italiani in Libano e abbiamo raggiunto telefonicamente Orazio Truglio, architetto paesaggista di Paternò di 61 anni che insegna italiano e da 8 anni vive in Libano, dove si è trasferito per motivi familiari.

Quanto interesse c’è in Libano verso la lingua italiana ? In quali università si studia l’italiano e quanti sono gli studenti complessivamente ?

La lingua Italiana è la quarta lingua studiata e parlata in Libano. La fitta rete di scambi commerciali e l’arrivo a ondate, nell’ultimo secolo, di piccoli gruppi di italiani stabilitisi in Libano, hanno creato una percezione positiva dell’Italia. Inoltre, programmi internazionali come UNIFIL hanno contribuito a consolidare la percezione dell’Italia come paese amico. Le università italiane sono diventate sempre più meta di studi specialistici. L’insegnamento della lingua italiana avviene in istituzioni L’interesse per la nostra lingua assume diverse sfumature, accanto a Istituzioni ufficiali italiane e libanesi, ci sono scuole internazionali o presunte tali, oppure libanesi che hanno creato dei gruppi spontanei di conversazione in lingua italiana. Diverse università offrono corsi di lingua Italiana dall’Università Statale Libanese ad altre private come, l’Antonine Université (UA), l’Université Saint-Esprit de Kaslik (USEK), l’University Lebanese American (ULA), l’Université La Sagesse (ULS), l’Université Saint-Joseph (USJ), la Notre Dame University – Louaize (NDU), l’Académie Libanaise des Beaux-Arts (ALBA), per citare le più importanti.

Quali elementi della cultura italiana interessano maggiormente studenti e adulti ?

Innanzitutto il primo impatto con la cultura italiana viene nutrito soprattutto dall’immagine dell’Italia cosi come percepita dalla maggior parte dei libanesi. Come accade in tutto il mondo, questa immagine viene sintetizzata nell’idea del buongusto, della creatività, di uno stile riconoscibile in diversi campi dal design, all’abbigliamento, alla gastronomia. I libanesi che visitano il nostro Paese rafforzano quest’immagine sostenuta dall’impatto con l’arte, i monumenti, la storia, i paesaggi visitati. Anche l’accoglienza riscontrata durante questi viaggi ha un peso, tanto che molti di loro vorrebbero vivere in Italia. Oltre che da un interesse prettamente linguistico, indirizzato a discipline specialistiche finalizzate ad un percorso formativo-professionale, la passione per la nostra cultura da parte di studenti e adulti che frequentano le istituzioni italiane all’estero è variegata. Cinema, letteratura, musica classica e opera lirica, fungono da attrattori e molto spesso da pretesto per dedicarsi allo studio della lingua e cultura italiana. Gli eventi e le manifestazioni riguardo la cultura italiana sono molto frequentate da libanesi ma anche da stranieri di altre nazionalità.

Hai collaborato con l’Istituto Italiano di Cultura a Beirut ? Qual è la tua esperienza?

Ho collaborato con l’Istituto Italiano in diverse occasioni. Ho iniziato con un corso di conversazione incentrato sulla cultura dei giardini storici italiani, per poi continuare in maniera più stabile nei corsi di lingua. La mia esperienza è stata positiva sia da un punto di visto didattico che per le connessioni che si sono stabilite con la realtà in cui vivo. Nel comunicare una lingua sono molti i momenti di confronto con gli studenti cosi come i momenti di riflessione sulle similitudini, differenze e assenze tra le culture dei due paesi. L’Italia e il Libano, diventano lo sfondo ideale per riflettere sulle individualità e dare un valore al concetto di identità culturali come ricchezza nella diversità.

Puoi dirmi qualcosa sulla presenza di una comunità italiana di Beirut o in altre città libanesi ?

La comunità italiana in Libano è composta da circa 4.000 persone ed è concentrata soprattutto a Beirut, la città più popolosa che con il suo hinterland supera i 2 milioni e mezzo di abitanti. Gli stretti rapporti commerciali tra il Libano e l’Italia hanno portato molti italiani a stabilirsi a Beirut per svolgere attività per le numerose ditte della città oppure per tentare la via dell’imprenditoria anche in associazione con libanesi. Negli ultimi anni però queste attività sono scomparse o ridimensionate, come nella maggior parte del paese, a causa della crisi economica ancora in atto. A questa comunità se ne affianca una più fluida con un carattere più temporaneo dovuta al fitto programma di aiuti internazionali che ha favorito negli anni l’arrivo di stranieri in Libano tra cui tanti italiani. Diverse agenzie governative o ONG operano in svariati settori tra cui anche il sostegno dei rifugiati siriani in Libano. Anche a Tripoli, la seconda città del Libano per popolazione, la comunità italiana è molto vivace. L’istituto Italiano di Cultura rappresenta un riferimento importante per questa comunità, che molte volte si incontra negli eventi culturali che l’istituto organizza.

Quali sono i tuoi sentimenti verso i libanesi ? Cosa apprezzi del Libano? Pensi che Libano e Italia – Sicilia in particolare – abbiano qualcosa in comune ?

Personalmente considero i Libanesi un popolo accogliente e curioso, vivace e intraprendente. Relazionarsi con loro e instaurare legami di amicizia è stato abbastanza facile, molto naturale e soprattutto alcuni di questi legami sono diventati importanti. Riscontro molte similitudini con i libanesi. Il Mediterraneo, questo mare chiuso, ha creato dei legami comuni. Basti pensare la civiltà dei Fenici, nata qui in Libano e poi diffusasi nel resto del mediterraneo, compresa la Sicilia, soprattutto nella sua parte orientale. Linguisticamente, si ritrovano termini comuni alle due sponde, soprattutto legati alla agricoltura e alla cultura dell’acqua. Il territorio libanese ha caratteri paesaggistici molto simili a quello siciliano sia come conformazione geomorfologica che come flora. In cucina si usano ingredienti e spezie comuni; nella pasticceria tradizionale ritroviamo prodotti simili ai nostri a base di miele, pistacchio, mandorle. Il Libano mi fa sentire un po’ a casa mia malgrado per le strade i suoni, le voci che ascolti sono arabe. Come la Sicilia, il Libano ha avuto una storia complessa di incontri di popoli e culture diverse, che nei secoli hanno conquistato e abitato questi paesi e di cui restano tracce diversificate e di grande valore culturale. La fine della guerra civile libanese ha decretato anche il boom edilizio che di fatto sta cancellando molte di queste memorie fisiche. Gli interessi privati sono fortissimi e le speculazioni hanno trovato terreno fertile. Con una superficie che è meno della metà di quella siciliana, il Libano, oggi, ha una popolazione che oltrepassa i 6 milioni e mezzo, con un territorio a fortissima densità umana e costruttiva. Anche ora, dopo la tragedia del 4 agosto, grandi gruppi di investimento stanno tentando il loro arrembaggio alla città ferita.

Cosa possiamo imparare dagli amici libanesi ? Forse quella resilienza e fiducia verso la vita che in Italia a volte non si ravvisano più ?

Sicuramente questo attaccamento alla vita, questa positività che qualche volta lascia quasi increduli davanti alla realtà, è l’elemento caratteriale che colpisce. I quindici anni di guerra civile inoltre hanno inciso in maniera profonda sulla vita dei libanesi e hanno in qualche modo rafforzato l’apprezzamento e la valorizzazione del quotidiano. Così succede che dopo discussioni in cui si constatano le difficoltà della realtà, l’inadeguatezza delle risposte sociali e politiche, l’assenza delle istituzioni, i libanesi pronuncino a chiusura la frase “Insciallah”, che non sarebbe solo il corrispettivo di “come vuole Dio” tanto in uso anche nella nostra lingua siciliana, forse carico di rassegnazione, ma che per i libanesi contiene il messaggio “malgrado le avversità noi ce la faremo”.  

Credo che la bandiera del Libano rappresenti pienamente lo spirito di questo popolo. Un albero, un cedro del Libano, è l’elemento centrale della bandiera. Un albero maestoso che può superare i 30 metri di altezza. Ve ne sono alcuni esemplari che hanno quasi 3 mila anni. Erano lì quasi mille anni prima dell’avvento della civiltà romana. Un albero particolare che per i primi 25-30 anni cresce in verticale per piantare le radici più in profondità possibile e solo dopo sviluppa e allarga le fronde in orizzontale. Un albero che resiste nel tempo, che è fortemente attaccato alla vita.

Il tuo stato d’animo dopo la tragedia

Sentimenti negativi: orrore, rabbia, tristezza, dolore, per i morti tutti ma anche per le persone conosciute, per le famiglie dilaniate, per i futuri spezzati. Credo che l’esplosione di pochi giorni fa non ha cercato di distruggere soltanto case e vite umane, ha cercato di cancellare i desideri, i progetti di una vita migliore malgrado una crisi economica che non lascia speranze alla popolazione, malgrado la minaccia di guerre sospese, malgrado le proteste, mai placate, nelle piazze e davanti le sedi delle istituzioni contro il governo. Ha cercato di recidere quelle famose “radici. La risposta del popolo libanese è stata esemplare. Nonostante il Covid19, la popolazione è scesa nelle strade armata di mascherine a ripulire, ad aiutare persone, anche sconosciute, a recuperare ciò che era rimasto dalle macerie, a riparare le case, a donare generi alimentari e cercare un alloggio temporaneo a chi ne aveva bisogno. Uno sforzo comune per riconquistare appunto un quotidiano in qualche modo accettabile. Un “Insciallah” detto da tutto questo popolo insieme.

Altra testimonianza ci viene offerta da Edoardo Crisafulli, un diplomatico di 56 anni che ho avuto il piacere di conoscere 8 anni fa ed è stato ex direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Beirut.

Mio nonno era siciliano “doc” (Crisafulli! Lui era nativo di Giarre Riposto, Catania). Anche se non ho vissuto in Sicilia, ho sempre sentito un elemento di sicilianità in me, è anche per questo che ho scelto il nome Sveva per la mia seconda figlia: sono un estimatore di Federico II di Svevia, e mi piace ricordare quanto la Sicilia, e un po’ tutto il Mezzogiorno d’Italia, abbiano espresso nel Medioevo una civiltà importante, sofisticata, fondata sulla tolleranza religiosa. Questo elemento diciamo così biografico mi è tornato utile quando ho lavorato in Libano, Paese multiculturale e plurilingue (vi si parlano arabo, francese e inglese): uno degli eventi di maggior successo che ho organizzato durante il mio incarico (2015-2018) è stata la mostra fotografica sull’architettura arabo-normanna ad opera e cura di un intellettuale e artista/architetto palermitano di gran talento, Francesco Ferla. La mostra, inaugurata dall’allora Ambasciatore Massimo Marotti, si è tenuta nell’importante Museo “Beit Beirut”, stupendo edificio di inizio Novecento ubicato su quella che era la linea verde (delimitante la zona cristiana dalla zona musulmana) durante la guerra civile che insanguinò il Libano. Il Beit Berut è quindi il luogo ideale per ospitare iniziative dedicate al dialogo interculturale. Quell’importante segmento di storia italiana che è la storia della Sicilia in epoca federiciana costituisce ancor oggi un esempio cui potersi ispirare.

Quali elementi della cultura italiana interessano maggiormente studenti e adulti ? Quanto interesse c’è in Libano verso l’Italia ?

C’è un fortissimo interesse per la lingua italiana, per la musica sacra e la lirica, per l’arte, per il cinema italiano. L’élite beirutina è molto sofisticata, ma in genere tutti i libanesi sono estremamente ricettivi verso la cultura europea anche perché, come dicevo, parlano bene quasi tutti almeno due lingue e viaggiano spesso in Europa. L’Italia, credo di poter dire, è il Paese europeo per cui i libanesi hanno una particolare predilezione. L’Istituto di Cultura ha un avamposto culturale a Tiro, nel Sud, e collabora altresì con il Comitato della Società Dante Alighieri nel Nord, a Tripoli. Tale Comitato è diretto dall’architetto Cristina Foti, persona estremamente dinamica.

Puoi dirmi qualcosa sulla presenza di una comunità italiana di Beirut o in altre città libanesi ?

I rapporti fra Italia e Libano sono molto stretti. Vi sono alcuni libanesi di origine italiana, e c’è poi una piccola comunità di italo-libanesi che partecipa e contribuisce alla diffusione della cultura italiana. Gli italiani si integrano molto bene nella società libanese, cui danno un eccellente contributo.

Quali sono i tuoi sentimenti verso i libanesi ? Cosa apprezzi del Libano ? Pensi che Libano e Italia abbiano qualcosa in comune ?

Credo che la simpatia ed empatia che unisce Italiani e libanesi nasca da esperienze culturali molto simili: nell’antichità i rapporti commerciali e culturali fra Roma e le città fenicie furono intensi, tali rapporti sono continuati quasi ininterrottamente fino al giorno d’oggi, e se ne vedono i resti nell’ingente patrimonio archeologico libanese. L’Ambasciata d’Italia e il nostro Ufficio per la Cooperazione hanno curato di recente il restauro di una parte importante del Museo archeologico di Beirut. All’inaugurazione presenziò  l’allora Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Paolo Gentiloni.

Le più grandi qualità dei libanesi sono l’ospitalità, la simpatia, e la gioia di vivere. Certo, i libanesi hanno anche una forte resilienza, che hanno appreso nel corso della loro travagliata storia. Il Paese sta ancora costruendo una identità nazionale, volta a superare il particolarismo confessionale. In questo direi che c’è un’affinità con l’Italia, Paese dai mille campanili nel quale c’è sempre stata una tensione fra spinte all’unità e tendenze centrifughe. Sì, l’Italia è predominantemente cattolica — mentre il Libano è rappresentato dalle tre principali comunità, la cristiana, la sciita e la sunnita. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che in Italia c’è un’importante comunità ebraica, una delle più antiche al mondo; vi è altresì una minoranza protestante. Sia gli ebrei che i protestanti italiani hanno dato un importante contributo al Risorgimento. Al tempo di Federico, come noto, i musulmani erano numerosi in Sicilia e in Puglia.  L’immigrazione recente ha ricostituito una presenza islamica significativa in Italia. Anche gli italiani, poi, sono bilingui come i libanesi: il siciliano, il veneto, il milanese, il napoletano sono vere e proprie lingue, che si sono affiancate alla lingua nazionale. La straordinaria ricchezza e diversità linguistica, culturale e religiosa, insomma, è ciò che unisce i popoli libanese ed italiano.  

Il messaggio che Istituto e Ambasciata hanno inviato: il dialogo interculturale rafforza la coesione nazionale, la cultura sana i conflitti e le lacerazioni, rappresentando un luogo ideale di incontro e non già di scontro.

Che valutazione puoi dare della tua esperienza triennale alla guida dell’Istituto Italiano di Cultura a Beirut ?

E’ stata una esperienza faticosa ma esaltante e colma di gratificazioni. In Ambasciata abbiamo lavorato nell’ottica della promozione integrata del sistema Italia, sotto la guida dell’Ambasciatore Massimo Marotti. E’ stato un bel lavoro di squadra, che ci ha visti uniti e coordinati in tutti i settori della promozione: da quello culturale a quello commerciale. Grazie alla collaborazione e sinergia con tutti gli uffici dell’Ambasciata, l’Istituto è riuscito a posizionarsi bene nel panorama culturale libanese raggiungendo una grande visibilità: abbiamo collaborato con le ottime università libanesi, sia quella statale che le private; abbiamo lavorato in quasi tutte le discipline: musica classica e lirica (Festival Beirut Chants, Festival internazionale di Baalbeck, Festival Al Bustan, Festival Europeo del Cinema, Cabriolet Film Festival, Il Festival di danza BIPOD, Beirut Art Film Festival, per citarne solo alcuni), teatro (Dario Fo tradotto per la prima volta in dialetto libanese), tradizione del libro italiano (Destra e sinistra di N. Bobbio e Dalla città sacra alla città secolare di L. Pellicani in lingua araba, entrambi curati dall’Istituto e presentati al salone del libro di Beirut), arte contemporanea (mostra “Classics Reloaded” del Museo MAXXi, presso Villa Audi,  in collaborazione con il Museo Sursock); infine la già citata mostra fotografica di Francesco Ferla sull’architettura arabo-normanna in Sicilia.

Va aggiunto che la promozione della cultura italiana ha compiuto grandi passi in avanti grazie a una impostazione di sistema e manageriale, che lascia comunque autonomia operativa.

Credo di poter affermare che il modello italiano è un modello di successo: gli Istituti di Cultura, uffici culturali delle nostre Ambasciate, ricevono direttive ma anche input strategici, idee, sostegno ecc. dalla Farnesina. E’ un sistema di diplomazia culturale efficace, che funziona bene, a mio avviso.

Il tuo stato d’animo dopo la tragedia..

Infinita tristezza: i libanesi non meritano di vivere in questa situazione emergenziale. Bisogna che tutti in Europa capiscano capisca quanto il Libano è importante per noi: è il più bel ponte fra Oriente e Occidente.