Licenziamenti sospesi, ecco quando va restituita la Naspi

Con il messaggio 2261 del 1 giugno 2020, l’INPS ha fornito degli importanti chiarimenti in merito alla possibilità per i lavoratori licenziati nonostante il divieto nel periodo compreso tra il 17 marzo e il 17 agosto di accedere alla Naspi. L’ente ha confermato la possibilità di procedere all’accoglimento delle domande di indennità di disoccupazioni derivanti da licenziamenti comminati nel periodo di vigenza del blocco dei licenziamenti, stabilito dal Decreto Cura Italia e prorogato dal Decreto Rilancio. È stato soprattutto chiarito che la reintegrazione sul luogo di lavoro a seguito della violazione del blocco dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo per l’emergenza Covid-19, comporta l’obbligo per il lavoratore reintegrato di restituire l’indennità Naspi all’INPS.

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All’articolo 46 del Dl Cura Italia, integrato e modificato dall’articolo 80 del dl Rilancio, viene disposto il divieto di licenziamento a decorrere dal 17 marzo e della durata di cinque mesi. Una misura per evitare l’aumento dei licenziamenti durante l’emergenza sanitaria, introducendo una sospensione sia delle procedure di licenziamento collettivo sia dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.

È stata introdotta anche una norma che prevede la possibilità per i datori di lavoro che hanno effettuato licenziamenti per giustificato motivo oggettivo nel periodo dal 23 febbraio al 17 marzo, di revocare il recesso facendo contestualmente richiesta di cassa integrazione a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. Il rapporto di lavoro si intende in questo caso ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

Tutti i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo avvenuti durante il periodo che va dal 17 marzo al 17 agosto devono essere considerati nulli e il lavoratore può ottenere così la reintegra sul posto di lavoro sin dal giorno di licenziamento. Per questo ragione, proprio nell’ultimo periodo l’indennità Naspi è stata sospesa per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, adducendo che, visto che erano licenziamenti nulli, l’indennità non era dovuta. Il Ministro del Lavoro, nel chiarire che l’indennità di disoccupazione Naspi è una prestazione riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, ha osservato che “non rileva dunque, a tal fine, il carattere nullo del licenziamento per giustificato motivo oggettivo – intimato da datore di lavoro nel periodo soggetto a divieto – atteso che l’accertamento sulla legittimità o meno del licenziamento spetta al giudice di merito, così come l’individuazione della corretta tutela dovuta al prestatore”.

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Si può dunque procedere al pagamento delle indennità di disoccupazione Naspi per le domande arrivate a seguito di licenziamento individuale, intervenute nonostante il blocco dei licenziamenti. L’INPS fa però presente che:

“Tuttavia, si fa presente che l’erogazione della indennità Naspi a favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo – nonostante il divieto posto dall’articolo 46 del decreto Cura Italia – sarà effettuata da parte dell’Istituto con riserva di ripetizione di quanto erogato nella ipotesi in cui il lavoratore, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro”

Detto in altri termini, se il lavoratore sarà reintegrato dovrà restituire quanto percepito a titolo di Naspi. Come si legge sui QuiFinanza:

L’Inps dunque ammette la possibilità di chiedere la restituzione delle rate Naspi erogate al lavoratore nel caso di reintegra di quest’ultimo sul posto di lavoro a seguito del parere di un giudice.
In questo caso il lavoratore è tenuto a comunicare all’Inps, attraverso il modello Naspi-Com, l’esito del contenzioso ai fini della restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
Lo stesso potrebbe succedere nel caso in cui il datore di lavoro revochi il licenziamento individuale, per poi richiedere la CIG per il lavoratore. Anche in questo caso il lavoratore dovrà restituire la NASpI, ma avrà diritto al pagamento della CIG.