Sicilia, riunione urgente per decidere sulla chiusura totale: coinvolte altre quattro regioni

Per oggi è stata convocata una riunione urgente del Comitato tecnico scientifico con il ministro della Salute Speranza, su quanto sta accadendo in Sicilia, Piemonte, Campania e Basilicata. Gli esperti daranno indicazioni al Governo per la redazione del nuovo Dpcm che potrebbe uscire già domani. Il Governo sentirà anche i presidenti delle regioni. La situazione epidemiologica si sta aggravando un po’ ovunque e il Governo vuole accelerare.

Tra i provvedimenti il coprifuoco per i locali a partire dalle 23, il divieto di vendita di alcolici dopo una certa ora, la sosta off limits in piedi fuori dagli stessi. Ma anche la riduzione della percentuale di passeggeri sui mezzi pubblici, lo stop agli spostamenti tra regioni. Ancora tutte ipotesi.

Serve comunque rigore ora per non dover chiudere tutto di nuovo, come ha detto il premier Giuseppe Conte alcuni giorni fa. E quindi oggi con gli esperti del Cts si valuterà cosa chiudere a partire dal 15 ottobre, data di scadenza dell’ultimo Dpcm, attualmente in vigore.

Il governo ha intenzione di porre restrizioni per eventi pubblici e feste private, compresi nozze e battesimi, fino ai funerali. Un occhio anche a trasporti pubblici ed eventi sportivi.

Quello che più preoccupa il Governo è la movida tanto che, fonti dell’esecutivo, ipotizzano l’anticipo del nuovo Dpcm da mercoledì a lunedì sera. Feste, eventi, cerimonie, locali: saranno queste le prime vittime della seconda ondata.

La piena dei contagi oltre 5.300 che sta sommergendo giorno dopo giorno anche l’Italia rischia di provocare una slavina lungo tutto lo Stivale: per questo Roberto Speranza e il premier stanno valutando come correre ai ripari. Una riunione di emergenza a palazzo Chigi con i capidelegazione oggi metterà a punto le misure da inserire nel dpcm. Il provvedimento verrà anticipato a stasera o domani, secondo fonti di governo, quindi ben prima la data prevista del 15 ottobre. Si discute come applicare un’ulteriore stretta, per evitare poi il peggio. Tesi sostenuta dal ministro della Salute e da Dario Franceschini. Si valuta tutto, meno un nuovo lockdown generalizzato. «Non ne voglio nemmeno sentire parlare perché i rischi sarebbero oltre che sanitari economici», ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, facendo capire che un altro stop potrebbe tradursi in un affare per la criminalità.

Le ipotesi sul tavolo sono altre e vanno da un quasi obbligo di smart working per limitare anche l’affollamento dei mezzi di trasporto, al limite alle presenze alle feste e ai ricevimenti, fino al divieto di asporto di alcolici dopo le 22 e alla chiusura anticipata dei locali, misura questa che il premier vorrebbe scongiurare. Arrivando anche a ipotizzare lockdown circoscritti.

A Napoli, ad esempio, si potrebbe profilare la chiusura di interi quartieri della città, invasi dal virus. Sempre che la situazione non precipiti. Perché altrimenti, ha preannunciato De Luca, con 1.000 contagi al giorno sarebbe obbligatorio un lockdown dell’intera Regione. Anche se per lo stesso governatore «una nuova chiusura totale sarebbe una tragedia».

Nel governo ci sono forti spinte anche a limitare le presenze nei ristoranti – ma c’è chi frena – e ad abbassare la capienza dei mezzi pubblici al 50%, «visto che all’80% sono pieni e nessuno controlla», dice un esponente del governo.

Del resto, lo stesso report settimanale diramato dalla Salute e dall’Iss segnala la paura che tutto degeneri: «Per la prima volta si segnalano elementi di criticità significativa relativi alla diffusione del virus nel nostro Paese». E «si evidenzia un notevole carico dei servizi territoriali che va monitorato per i suoi potenziali riflessi sui servizi assistenziali». Poi l’invito alla popolazione al rispetto delle norme, perché, come ricordato dal Presidente Mattarella, «la libertà non è un fatto esclusivamente individuale, ma si realizza insieme agli altri, richiedendo responsabilità e collaborazione».

Intanto il report segnala che, con la sola eccezione di Bolzano, tutte le regioni sono oramai salite a un livello di rischio «moderato», che nel linguaggio edulcorato dei tecnici sta per medio, visto che subito dopo si sale al livello «alto». Solo una settimana fa metà delle regioni era a rischio basso. Senza considerare che la fotografia si riferisce alla settimana dal 28 settembre al 4 ottobre. Prima dell’esplosione dei contagi di questi giorni. Nonostante questo, quattro regioni hanno un Rt, l’indice di contagiosità, sopra la soglia di 1,25, che insieme ad altri indicatori fa entrare nel terzo dei quattro livelli di rischio.

Quello che già fa scattare lockdown locali, distanziamento sopra il metro e chiusure temporanee delle scuole. Con l’Rt in zona allarme arancione sono già: Sicilia (1,34), Piemonte (1,33), Campania (1,31) e Basilicata (1,33). Ma è chiaro che con i numeri di ieri che segnano 983 nuovi contagi anche in Lombardia si accende la spia arancione. Fino al 4 ottobre la pressione sulle terapie intensive era ben gestibile, con solo Liguria (11% dei letti occupati da pazienti Covid) e Sardegna (12%) in sofferenza. Pochi ancora i focolai scolastici: 33, il 2, 5% di quelli che si sono accesi nella settimana.