Il punto sulla Sanità del ricercatore Giuseppe Remuzzi

Il prossimo 3 aprile compirà 75 anni, è considerato uno dei migliori ricercatori italiani e dal luglio 2018 è il direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. Remuzzi ha voluto parlare della Sanità non in termini di finanziamenti, ma per gli aspetti critici e per le difficoltà che hanno i pazienti nel curarsi per motivi economici.

Il problema non è economico ma culturale

Il ricercatore parlando ai microfoni di Radio24, ha posto l’attenzione sulle discipline che regolano la Sanità piuttosto che ragionare sul solito balletto dei numeri e dei finanziamenti. “Gli stanziamenti per la Sanità sono troppo pochi, ne siamo tutti consapevoli – ha detto – ma il problema è altro, è culturale”. Il nefrologo tuttavia, sottolinea la necessità di più fondi, più governance e soprattutto di maggiore consapevolezza della Sanità pubblica. “Non si può andare avanti con un sistema sanitario così sotto-finanziato. Non si può essere competitivi con una spesa così piccola”.

La povertà si riduce anche con un buon servizio sanitario

A che serve discutere ogni giorno del taglio del cuneo fiscale o del salario minimo, se la gente non può pagare le medicine”, tuona Remuzzi. “la difficoltà maggiore in Italia è far capire l’importanza del Servizio Sanitario Nazionale. Poiché “Ogni medico assunto trascina assunzioni in altri campi, è la chiave per ridurre la povertà”. “La povertà – aggiunge – fa ammalare le persone, è un circolo vizioso. Non esiste altra soluzione se non il servizio sanitario pubblico. Lo hanno capito anche gli Usa dopo il Covid”.

Il Pnrr e le Case della Salute

Secondo Remuzzi un sanità pubblica che funziona aiuta la ricerca e contrasta la fuga dei medici all’estero. “Serve un servizio sanitario pubblico che coniughi medicina clinica e ricerca scientifica, all’altezza della tecnologia. Questo oggi è possibile col Pnrr”.

Altro elemento importante, dice il professore, sono le Case della Salute, ma queste strutture non sono dappertutto. E spiega che, in Lombardia, Toscana, Piemonte e Emilia Romagna, garantiscono servizi di prelievi, radiografie, ecografie, assistenza infermieristica domiciliare. In queste “case” ci sono 800 accessi di pazienti al giorno, questo alleggerisce il “carico” dei Pronto Soccorso. Sono strutture realizzabili ovunque.

I medici fuggono all’estero

Il Medico parla anche della fuga dei cervelli all’estero e spiega che medici e infermieri non vanno via perché altrove c’è maggiore professionalità, ma perché si guadagna di più. “Trovo molto brutto che uno faccia il medico da noi e poi vada a esercitare negli Emirati Arabi per guadagnare di più”, sottolinea Remuzzi.

Nord e Sud

L’idea diffusa è che per curarsi bene si debba andare al Nord, ma non è la verità – dice il ricercatore – o comunque non è sempre vero. Se non riusciamo a colmare il divario dei fondi destinati al Nord e al Sud, non risolveremo mai il problema”. Il professore poi chiosa: “Non possiamo accettare questo da chi ci governa”.

Intramoenia

Col termine intramoenia s’intendono le prestazioni erogate fuori orario di lavoro dai medici di un ospedale, del quale si utilizzano le strutture ambulatoriali e diagnostiche a fronte del pagamento da parte del paziente.

Giuseppe Remuzzi, nel concludere la sua disamina sulla Sanità, ribadisce la sua contrarietà all’intramoenia, come ha più volte affermato. “Va assolutamente tolta, perché probabilmente è anche contraria alla Costituzione”. E dice: “Serve un ministro che la elimini, anche se è una decisione impopolare”.

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