Ilaria in carcere a Budapest in condizioni disumane. Il padre scrive a Meloni

Il padre di Ilaria Salis, la 39enne milanese accusata di aggressione contro i militanti di estrema destra chiede aiuto alle cariche dello Stato. Al momento però non ha ricevuto alcuna risposta.

Le condizioni disumane della detenzione

La famiglia di Ilaria, l’anarchica ex maestra elementare, reclusa da quasi un anno in un carcere di massima sicurezza di Budapest chiede aiuto per la figlia. Spiega che Ilaria vive in meno di 3 metri e mezzo di spazio e senza un minimo di condizioni igieniche. La 39enne è in una cella dove è tormentata dalle cimici del letto, da scarafaggi e topi.

La richiesta d’aiuto ai rappresentanti del governo

Il Padre fa appello alle cariche dello Stato, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il presidente del Senato, Ignazio La Russa e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Spiega che Ilaria alle udienze è addirittura legata e tenuta al guinzaglio da un agente. Il padre si rivolge anche agli organi consolari chiedendo cosa hanno fatto per evitare questa evidente violazione dei diritti umani che la figlia sta subendo. Ma finora non c’è stata alcuna risposta. Francamente appare singolare che non ci sia stato, magari un contatto da parte di un funzionario o di una persona di fiducia deputata a rassicurare la famiglia. I detenuti hanno riconosciuti i diritti umani, anche fossero spietati criminali, e quando questo non accade, spetta ai governi far pressione in tal senso.

Le accuse contro Ilaria

E’ accusata di lesioni aggravate perché ha partecipato agli scontri dello scorso 11 febbraio contro i militanti di estrema destra riuniti a Budapest per il Giorno dell’onore. L’evento neonazista annuale in ricordo dei soldati tedeschi uccisi nell’assedio di Budapest dell’Armata rossa. Su Ilaria Salis grava anche l’accusa di essere legata a Hammerbande, il gruppo tedesco che ha l’obiettivo di attaccare i militanti fascisti.

Sarà il tribunale di Budapest a stabilirà se e in quale misura sia colpevole la 39enne milanese, ma fino ad allora è ingiusto costringerla alla condizione descritta dal padre.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già condannato l’Ungheria, casa del padre del sovranismo europeo di Orban, per trattamenti inumani e degradanti.

Foto tratta dal profilo Facebook di Michele Cassio