L’ipotesi della sede Ama nei locali sgombrati dell’ex Centro di accoglienza di via del Frantoio

Il presidente del IV Municipio Massimiliano Umberti aveva annunciato il progetto di riqualificazione degli immobili di via del Frantoio nel quartiere Tiburtino III.

Lo scorso martedì 11 ottobre le forze dell’ordine hanno proceduto allo sgombero dei locali e secondo alcune indiscrezioni, gli immobili potrebbero essere destinati ad ospitare la sede dell’AMA. Quello che è stato un ex centro di accoglienza per migranti potrebbe quindi, una volta riqualificato, assolvere ad una funzione importante per un’Azienda piuttosto significativa (quanto controversa) per la Capitale.

Le operazioni di sgombero naturalmente sono state coordinate dalla prefettura. Lo stabile, per la terza volta in due anni, subisce un’azione di sgombero, dopo quello del giugno 2020 e del luglio 2021. Questa volta ad essere allontanati sono dei senza tetto. In passato l’immobile aveva ospitato nei propri locali la Croce Rossa Italiana che gestiva un Centro SPRAR. Il Centro poi, venne chiuso nel giugno del 2018 dalla Giunta Raggi e nel 2019 venne pubblicato un bando per il “recupero funzionale” dell’edificio. L’operazione avrebbe dato nuova vita ad un immobile altrimenti meta di disperati in cerca di rifugio per la notte. Tuttavia non ci fu seguito e il bando non produsse alcun esito.

Cacciati e ignorati

L’immobile restò abbandonato e come era inevitabile divenne dimora di fortuna per decine di senzatetto. I disagi relativi per i residenti che avevano come “vicini di casa” delle persone tutto sommato indesiderate e giudicate potenzialmente pericolose, hanno fatto evocare ai comitati di quartiere interventi di sgombero. Questi in effetti i sono poi verificati per tre volte in due anni, e le autorità hanno svuotato i locali, ma gli sgomberati non hanno ottenuto in cambio tutele o abitazioni.

Gli attivisti di “Nonna Roma” hanno lamentato che non è stato fatto nulla per aiutare e tutelare le persone con fragilità sociale allontanate dall’immobile. Nessuna azione è mai stata intrapresa dalle istituzioni, ribadisce Nonna Roma, per avviare un percorso teso all’accoglienza delle persone che vivevano nello stabile. Chi è stato “cacciato” non ha avuto in cambio nessuna soluzione alloggiativa e queste persone (una sessantina) si sono trovate in strada senza avere un posto dove andare.

La richiesta di sgombero

Nei giorni precedenti all’ultima operazione di sgombero, il gruppo cittadino di Fratelli d’Italia si è appellato al sindaco ed al ministro. Ha chiesto a gran voce che si procedesse a liberare l’immobile dagli abusivi che lo occupavano. Una rimostranza più che giusta ma la preoccupazione sulle sorti degli occupanti che avrebbero subito l’allontanamento non sono rientrate nelle preoccupazioni di chiedeva lo sgombero.

L’occupazione abusiva di qualsivoglia immobile è sempre e comunque un’azione che va contrastata. Occorre però anche pensare a chi non trova altra soluzione se non quella dell’abuso per trovare riparo. Le istituzioni quasi sempre si attivano per la risoluzione di queste contraddizioni sociali. Purtroppo però gli alloggi disponibili sono sempre pochi e le richieste e le necessità crescono di mese in mese. Troppi cittadini (stranieri e italiani) vivono la condizione di incertezza abitativa e questo ingenera un meccanismo perverso che provoca la cosiddetta guerra tra poveri. Dove a perdere sono tutti.

Roma è una città particolarmente esposta a queste problematiche. Gli immobili in abbandono sono tantissimi e disseminati ovunque nella Capitale e nelle sue periferie. La concentrazione di senzatetto e di immigrati, spesso clandestini, provoca inevitabilmente fenomeni di questo tipo. Le istituzioni e l’Ater non riescono a soddisfare la richiesta di alloggi popolari. Questo malgrado negli ultimi anni le politiche abitative siano state intensificate. Le colpe ricadono sui Municipi e le Giunte sono prese di mira dalle critiche, ma va detto che il territorio vasto e vario offre continuamente il fianco all’insorgere di continue criticità. La gestione di Roma, in fondo poco dipende dal colore politico, e le amministrazioni che si avvicendano trovano tra gli “insoluti” tutti i problemi pregressi. Occorrerebbe un intervento più significativo e massiccio della politica centrale poiché a livello locale i poteri sono limitati, proprio come lo sono le risorse economiche.

Foto: dire.it