Paura e insicurezza: eredità di una pandemia

Sono passati tre anni da quando, senza preavviso e senza capire bene cosa stesse succedendo, ci siamo ritrovati chiusi in casa, limitati in tutte le nostre libertà fondamentali e tenuti sotto scacco da una delle paure più grandi, quelle della malattia e delle sue conseguenze più estreme. Trentasei mesi che sembrano molti di più; timori e insicurezze che, forse, non sono stati superati come si potrebbe pensare (o sperare).

L’isolamento, la mancanza di stimoli, la paura, la rabbia e l’essersi privati del contatto dei propri cari – spiega la dottoressa Monica Chiovoloni, specializzata in counseling psicologico e test diagnostici a Castelnuovo di Porto – hanno fatto cadere le persone più fragili, tra cui numerosi giovani, in uno stato depressivo, con un conseguente aumento del disturbo stesso e dell’uso dei farmaci antidepressivi”.

Sebbene la quotidianità sia andata avanti, complice anche una guerra che, a due passi da casa, ha catalizzato la nostra attenzione, la pandemia non ha smesso di influenzare le nostre vite: “Tra le manifestazioni più comuni troviamo le alterazioni dell’umore: scoppi di collera manifestati verbalmente o nei comportamenti; umore depresso che porta a sentirsi tristi, vuoti e disperati; frustrazione generale, perdita di interesse e di piacere verso tutte le attività; astenia, stanchezza, insonnia, scarso appetito; senso di autosvalutazione o colpa, accompagnato da una diminuzione della capacità di concentrazione e di memoria, oltre a una manifesta indecisione – aggiunge la dottoressa Chiovoloni – Non mancano neppure  le considerazioni negative verso se stessi e verso gli altri, oltre a ricorrenti pensieri di morte”.

Fondamentale è sensibilizzare sull’importanza del proprio benessere interiore, superando il pregiudizio che pone le difficoltà psicologiche in secondo piano: “I disturbi dell’umore vanno curati tempestivamente – dice sempre la professionista – sia con una eventuale terapia farmacologica prescritta da uno specialista, sia con un percorso di counseling o psicoterapia. La richiesta dell’intervento di un professionista che ci guidi e sostenga durante il viaggio nel nostro inconscio, è, fortunatamente, pratica sempre più diffusa.

Tanti gli strumenti a disposizione per chi decide oggi di intraprendere un percorso di analisi e indagine, oltre a un’attenzione sempre più sentita verso certe tematiche: “Quando un individuo, con l’ausilio del terapeuta, decide di portare alla coscienza le sue parti ombra per trovare una soluzione alle difficoltà che lo assillano – precisa la dottoressa Chiovoloni – deve affrontare una serie di step che aiutino lo psicologo a individuare la terapia più appropriata. A prescindere dalla tipologia scelta, i diversi test hanno una loro forza intrinseca in grado di accordarsi, come fossero uno strumento musicale, al genere di “melodia” espressa dall’individuo”.

La pandemia, con il bagaglio di paure e insicurezze che si è portata dietro, ha messo in discussione non solo le nostre priorità, ma anche le nostre certezze: “Il test della famiglia di Corman ci permette di individuare gli elementi che ci tengono ancorati al passato, delineando quella che è la nostra famiglia ideale; il test della figura umana di Machover, invece, individua tutti gli elementi che lavorano al di sotto della coscienza, arrivando a capire chi siamo. Solo da lì – precisa infatti la dottoressa – si può ripartire per trovare la nostra giusta dimensione”.

Per stare bene con noi stessi, dobbiamo imparare a stimolare la nostra curiosità, dando ampio spazio alla creatività: “La terapia diviene strumento di liberazione e affrancazione da tutte quelle energie che restano represse. L’arte è strumento che ci nutre e libera le energie nascoste”.

L’arte diviene così strumento di analisi ed elaborazione di un periodo che ci ha segnato più di quanto si voglia ammettere: “Lavorando sulla mindfulness si stimola l’introspezione e si sviluppano le capacità creative – aggiunge la dottoressa Chiovoloni –  Le emozioni hanno una loro nuance e noi possiamo vederle rappresentate su supporti diversi, imparando a entrare in contatto con loro”.