Piglio, le origini della Chiesa di S. Antonio Abate

07 marzo 2020


di Giorgio Alessandro Pacetti

Il numero elevato di edifici di culto presenti a Piglio è la testimonianza più eloquente di un passato ispirato alla pratica religiosa. Le Chiese possono essere divise in due grandi categorie: urbane e rurali.

Al primo gruppo appartengono oltre alla Collegiata Santa Maria Assunta, anche la chiesa di S. Antonio Abate, la cappellina di San Pietro in Vincoli sita (nella rocca del Castello), la chiesa di San Nicola (detta anche dell’Oratorio), la cappellina di San Sebastiano ora scomparsa (situata sotto l’Arco della Fontana), la chiesa di Santa Lucia e del Santuario della Madre Santissima (detta delle Rose).

Tali edifici si trovano tutti sullo stesso asse da Ovest ad Est, quasi lungo un grande ed ipotetico viale.

L’orientamento verso Est testimonia l’antichità degli impianti originari.

Mentre appartengono alla categoria rurale, il Santuario della Madonna del Monte, la Chiesa di San Rocco-Madonna della Valle, ubicate rispettivamente alle due estremità di Piglio, la Chiesetta degli Angeli (dedicata ai due Papi Pio XII e Paolo VI) in località “Lapillo” e la cappellina, dedicata a San Pietro in Tehano e/o a Sant’Antonio in località la “Civitella” nei pressi del Casale omonimo.

Parliamo ora delle origini della chiesa di S. Antonio Abate.

Da quanto risulta in un documento rinvenuto dal parroco don Marcello nell’archivio della Collegiata Santa Maria, questa chiesetta era anticamente utilizzata quale cappella ospedaliera. Ne riportiamo il testo: “Orfeo da Ludovico della città d’Arezzo passando nel 1622 in Piglio fu invitato a servire l’ospedale allora esistente. Orfeo accettò come avevano fatto gli altri ospedalieri confermati da Mons. Antonio Seneca. Nell’anno 1625 il sopra detto Orfeo non trovando in alcuna Chiesa l’immagine di S. Antonio si adoperò per la nascita della devozione del Santo. Nel 1626 il medesimo Orfeo chiese ed ottenne dal Vescovo di Anagni, Mons. Gaspare Melis, di poter far celebrare la S. Messa nella cappella, dopo l’avvenuta benedizione. I doni per arredare la cappella del necessario per la celebrazione eucaristica furono numerosi e sono elencati in un inventario conservato nell’archivio parrocchiale. La Chiesa fu dotata subito anche di un campanile e di una campana. Fu posto nella Chiesa anche un quadro di S. Antonio Abate fatto da Mattia Testa ed un quadro della Madonna del Carmine fatto da Pompilio Feraioli di Palestrina. Nel 1633 lo stesso Orfeo volle fondare la Confraternita annessa alla Chiesa. Nel 1640 Orfeo, vedendo che la devozione della gente cresceva di continuo, volle fare un’altra chiesa grande che terminò nel 1643. Il Sig. Orfeo lasciò come disposizione che alla sua morte fosse sepolto in mezzo alla Chiesa da lui costruita”. Dopo Orfeo sono stati i vari parroci a far rivivere questa graziosa Chiesa, costeggiata dalla via Francigena per raggiungere Subiaco e l’Abruzzo. Il popolo pigliese a questo Santo ha dedicato una chiesetta ad est del paese alle porte di Piglio, dove in tempi passati c’era la transumanza delle greggi. Proprio in questi tempi era d’uso che i ragazzini andassero a bussare alle porte delle case del Paese chiedendo frutta secca, da poter mangiare insieme ai poveri. La comunità pigliese inaugura con un triduo dal 14 al 16 Gennaio, il ciclo delle festività annuali, in concomitanza con l’inizio del carnevale e con la festa di S. Antonio che la chiesa commemora il 17 Gennaio. Sant’Antonio, nell’iconografia antica e moderna è raffigurato vestito di un saio, con un bastone che termina con una T (greca) con ai piedi un maialino e sullo sfondo una umile grotta.

Chi era costui? Sicuramente un noto personaggio dell’antichità, vissuto nel periodo del tardo impero romano, che vendette ogni suo bene e distribuì il ricavato ai poveri e che stanco di una vita agiata ed oziosa, si ritirò nel deserto dell’Egitto e si distinse in modo particolare per il dono della penitenza e della preghiera. Fu fortemente tentato dal demonio, che gli portava cibi

prelibati a base di carne di animali di ogni genere, ma il Santo, dedito alla penitenza ed ai digiuni, rifiutava scacciando il maligno.

Quale tentazione? Il Santo invece di mangiare benediva gli animali che Dio Onnipotente, gli faceva  ritrovare vivi  e che restavano a fargli compagnia nella sua grotta di penitenza. Considerato dalla tradizione un grandissimo esorcista, sembrava che bastasse pronunciare il suo nome perché il maligno si dileguasse. Si spense in santità dopo aver convertito al cristianesimo migliaia di pagani nel 358 D.C.. E’ proprio da questa diceria, nata nella notte dei tempi, che la pietà popolare ha annoverato S. Antonio Abate come protettore di tutti gli animali domestici di piccola e grossa taglia, tanto era la  fama e le leggende che sono finite attorno a questo Santo, e che in ogni paese e in ogni contrada, è venerato come protettore degli animali. Per quanto riguarda la tradizione pigliese la quale vuole che durante la processione venga portata  la Statua del Santo  attraverso le vie del paese, seguita da donne non maritate. Anche per questa usanza c’è una pagana spiegazione: il Santo nei tempi più antichi era tenuto molto più in considerazione che oggi, in quanto la nostra civiltà contadina teneva molto agli animali da cortile i quali erano l’unico sostentamento per le famiglie di allora. Pertanto metterli sotto la protezione di Sant’Antonio significava dare una benedizione affinché gli animali da cortile prosperassero. Questo concetto di prosperità e di augurio si estese alle donne non maritate e a quelle senza figli. alle quali S. Antonio doveva provvedere, intercedendo presso Dio, affinché trovassero entro l’anno lo sposo o la fertilità. Come gli antichi romani facevano offerte in questo periodo dell’anno in modo particolare al Dio Sole, generatore della vita, così è rimasta questa tradizione che, pur nell’aspetto pagano, rappresenta un atto di amore e di devozione.

 

 


Notizie raccolte da don Marcello Coretti parroco di Piglio (dal 2000-al 2009)

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