Pendolarità 3.0 – Vivere in provincia ma lavorare in città

Pro e contro di una vita fuori dal caos

I più fortunati hanno la sede di lavoro a pochi passi dalla prima stazione ferroviaria utile, i meno devono ogni giorno giocare a sorte con i tempi di attesa tra una metropolitana e l’altra e quelli in piedi alla fermata degli autobus: se vivere in provincia è sempre più spesso una scelta ragionata e cercata, dettata dal bisogno di riappropriarsi dei propri tempi e dei propri spazi, lo svolgere un’attività lavorativa in città la rende un’opzione spesso diversamente valutabile.

La rete di trasporti pubblici su cui i cittadini possono contare non è infatti sempre e purtroppo (se si sceglie una visione ottimistica) affidabile, per non parlare di tutte le problematicità che accompagnano lo spostarsi in treno o in autobus. Basti pensare ai parcheggi.

Via Monte Amiata, a Monterotondo Scalo, in un qualunque giorno feriale alle otto del mattino; ma si potrebbe fare lo stesso discorso anche per via Martiri di via Fani o via Monte Pollino: nessun posto auto disponibile, né lungo la strada – che da due corsie diviene spesso a una singola – né nei parcheggi multipiano (dove, in realtà, il piano è solo uno).

Ed ecco che la comodità di una linea ferroviaria che prevede un treno in media ogni quindici minuti viene rapidamente minata dall’onerosità del dover uscire anche venti o trenta minuti prima di casa per poter parcheggiare in tempo e senza il rischio di perdere il proprio treno:

Preferisco parcheggiare un po’ più distante, a volte anche direttamente lungo la Salaria e camminare piuttosto che girare inutilmente alla ricerca di un posto auto – dice Elisa, quarantadue anni, pendolare da sempre, prima per la scuola oggi per il lavoro – Ho la fortuna di non dover prendere uno dei primi treni, quelli dove il controllore, anche se volesse, non riuscirebbe a passare; di contro però i parcheggi sono ormai tutti già occupati e prima dell’ora di pranzo è difficile che si liberino.

Così ormai vado dritta a piazza dei Partigiani: devo camminare qualche centinaio di metri ma almeno posso calcolare con precisione l’orario in cui uscire di casa”.

Il problema parcheggi intorno alla stazione sarebbe facilmente risolvibile con una gestione diversa delle corse degli autobus: “Se potessi contare su un mezzo pubblico che copre più fasce orarie e che mi desse la possibilità di andare a prendere il treno senza problemi non guiderei più la macchina – ammette Andrea, cinquantadue anni, dipendente di una società di vigilanza privata con sede a Roma – Il livello di civiltà si vede anche dalle opportunità in termini di libertà di spostamento che vengono date ai propri cittadini.

Se uno non avesse un mezzo o qualcuno in gradi accompagnarlo e dovesse arrivare in stazione, come dovrebbe fare?”

Fortunatamente i pendolari possono almeno oggi contare su nuovi treni dotati di capienza maggiore: l’ebbrezza della pressa è ormai amaro privilegio di chi, arrivato a stazione Tiburtina, dovrà poi prendere la metro B. Buon viaggio!