Bonus 600 euro, ecco i calcoli su reddito e calo di attività da valutare per professionisti

Il Decreto Rilancio ha chiarito in maniera più precisa cosa aspetta e a chi tra iscritti a una Cassa di previdenza autonoma (le professioni ordinistiche) e quanti, privi di Cassa autonoma, sono iscritti alla gestione separata INPS.

La prima categoria, infatti, è escluda dal diritto di percepire il nuovo contributo a fondo perduto, sebbene le versioni iniziali del decreto lo prevedevano. L’esclusione è oggettiva e non più condizionata alla circostanza di aver diritto o meno di percepire il bonus 600 euro previsto dal decreto Cura Italia.

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L’unico contributo rimasto per i professionisti ordinistici, dunque, è il reddito di ultima istanza, già percepito da molti per il mese di marzo e che a maggio potrebbe salire a mille euro. Il calcolo, però, è complesso e deriva da un percorso articolato stabilito dal decreto emanato lo scorso 28 marzo. Il dl Rilancio è però intervenuto anche sul bonus 600 euro, precisando che ad aprile e maggio non spetterà a chi, alla data di presentazione dell’istanza, risulti titolare di pensione o titolare di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Bisogna quindi esaminare se si rientri tra i professionisti che hanno cessato, ridotto o sospeso la propria attività. Il decreto di fine marzo ha previsto che queste condizioni si verifichino:

  • I professionisti che nel periodo d’imposta 2018 hanno dichiarato un reddito complessivo (al lordo dei canoni locativi da cedolare secca) non superiore a 35mila euro che abbiamo subito restrizioni da provvedimenti Covid 19. Considerato che le restrizioni da provvedimenti Covid sono state emanate a vario titolo su tutto il territorio nazionale, si può affermare che se risulta rispettato il tetto reddituale ne deriva il diritto alla percezione dell’indennità anche per aprile e maggio;
  • I professionisti che abbiano dichiarato un reddito 2018 (la norma in realtà parla di «reddito percepito», ma va interpretato come «dichiarato»), calcolato sempre al lordo dei canoni locativi da cedolare secca, compreso tra 35mila e 50mila euro, hanno diritto all’indennità per aprile e maggio se hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività.

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Il decreto del 28 marzo, all’articolo 2 lettera a, chiarisce che va intesa come cessata l’attività se è stata chiusa la partita IVA tra il 23 febbraio e il 31 marzo 2020. Attualmente, non è chiaro se vi sarà un nuovo aggiornamento per portare la data al 31 maggio, anche perché non sembrerebbe del tutto in linea con la ratio del Dl originario.

Inoltre, l’articolo 2 stabilisce che si deve intendere ridotta o sospesa l’attività se si è registrata una comprovata riduzione del reddito del primo trimestre 2020 rispetto al medesimo dato del primo trimestre 2019 di almeno il 33%. Il parametro i riferimento è il reddito inteso come differenza tra compensi percepiti e costi sostenuti, non il fatturato. La norma non cita tra i costi sostenuti le quote di ammortamento dei beni strumentali, da escludere dal conteggio.