Il Giubileo della Comunicazione 2025, tra realtà e speranza

Il giubileo è per tutti

Immagine realizzata da IA

Il  Giubileo 2025 ha visto l’apertura di tante Porte Sante, oltre la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano, altre 3 porte sono state aperte in questo Giubileo 2025 e sono quelle delle Basiliche Romane di San Giovanni in Laterano, di Santa Maria Maggiore e di San Paolo Fuori le Mura. Un’altra Porta Santa è stata aperta nel Carcere di Rebibbia.

La Porta Santa aperta nel Carcere di Rebibbia, è un evento straordinario che mette in evidenza che nessun uomo è dimenticato da Dio nel suo richiamo verso la ‘salvezza‘ e che anche i più poveri e umili sono chiamati a costituire membri attivi della Chiesa.

Il Giubileo nel significato più intimo oltre l’esaltazione del compimento della fede vuole rappresentare un momento di riflessione per il cristiano sul suo vivere personalmente la fede anche e soprattutto nella sua relazione sociale. In questo senso l’atto del varcare la soglia rappresenta un momento di presenza, di presa di coscienza e di partecipazione. Quindi senza togliere nulla alla manifestazione esteriore che pure è indicativa di un alto e sentito sentimento religioso, il Giubileo rappresenta un momento in cui il cristiano fa una verifica del suo credo per comprendere in quale direzione va la sua esistenza e allo stesso tempo, si pone nella posizione di dover correggere i parametri sui quali ha fondato la sua esistenza. Il Giubileo è rivolto ad ogni cristiano, che vive nella sua sfera personale e familiare, ma che anche è inserito in una dimensione sociale, professionale, o che partecipa con una specifica funzione alla vita della Chiesa.

A ognuno il suo Giubileo

Per tale motivo nel corso dell’anno 2025 è stato istituito un calendario nel quale a una determinata data è programmato un evento che raggruppa gli appartenenti a una determinata categoria o svolgenti una determinata funzione sociale. In tale visione dal 24 al 26 gennaio 2025 si è svolto il Giubileo della Comunicazione. Questo evento ha radunato giornalisti, operatori dei media e dirigenti da tutto il mondo per riflettere sul ruolo della comunicazione nella società e nella fede cristiana.

Il Calendario del Giubileo della Comunicazione

Il calendario delle 3 giornate è stato disegnato in modo che si sono succedute celebrazioni rituali e religiose ed eventi a carattere culturale. Il 24 gennaio è stato dedicato all’accoglienza e alla liturgia penitenziale nella Basilica di San Giovanni in Laterano, seguita dalla Santa Messa in occasione della festa di San Francesco di Sales. Il 25 gennaio ha avuto luogo il pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro, con l’incontro con il Santo Padre Papa Francesco nell’Aula Paolo VI con vari incontri culturali e spirituali. Con la Santa Messa della ‘Domenica della Parola di Dio’ presieduta dal Santo Padre del 26 gennaio si si è chiuso il Giubileo della Comunicazione.

Il 25 gennaio è stato il momento centrale di queste 3 importanti giornate, il momento in cui sono stati trattati profondamente i temi in discussione nell’ Aula Paolo VI, che sono stati quelli su una Comunicazione che possa essere uno strumento di speranza e di pace, e di come il giornalismo e i media possano avere un ruolo nella promozione della democrazia e della verità, e di come i social media possano essere utilizzati per condividere il Vangelo e connettersi con i credenti di tutto il mondo.

I Relatori

Ha aperto e introdotto la discussione Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che ha delineato quelle che sono le linee da seguire per un Giornalismo di Pace:

”Riflettere sul giornalismo di pace significa superare il concetto di una comunicazione che non comunica, che parla ma non ascolta, che vede ma non comprende, che rischia di produrre incomunicabilità, radicalizzazione, semplificazione e si traduce nel cercare capi espiatori per ridurre tutto al dualismo amico/nemico, ad un’identità fondata sulla negazione dell’identità dell’identità dell’altro.”

Il giornalista Paolo Calabresi, ha fatto da moderatore ai due interventi che si sono succeduti riassumendoli e commentandoli. Nella sua apertura, Calabresi, con un interrogativo ha posto in rilievo quella che è la funzione positiva della comunicazione dando un messaggio di speranza:

“Si può ancora comunicare la speranza si può ancora comunicare con speranza, il male va raccontato, ma la sua narrazione non può essere totalitaria. Ci deve essere la salvezza, ci può essere la salvezza e il compito di raccontarla spetta ai professionisti”.

Il primo intervento è stato quello di Maria Reza, Premio Nobel per la Pace nel 2021, che ha discusso del capitalismo che riduce l’informazione a uno strumento di sorveglianza a suo uso e consumo e in tale ottica anche della responsabilità dei media: “Nella ricerca di potere e denaro, la tecnologia ha permesso una manipolazione insidiosa a livello di tutte democrazie, seminando narrazioni che hanno distrutto la fiducia, ha messo i vicini contro i vicini, premiando il dominio della massa, premiando il peggio di ciò che siamo come persone.

L’intervento successivo è stato quello dello scrittore irlandese Colum McCann, che si è soffermato sul ruolo della comunicazione nella costruzione della società sottolineando l’importanza delle ‘storie’, ovvero delle connessioni elementari che intercorrono tra gli uomini, a cui bisogna dare rilievo perché sono alla base di un possibile cambiamento: ”Se il mondo è fatto di molecole e atomi, è anche fatto di storie, la distanza più breve tra di noi non si misura in millimetri ne in micrometri: è una storia, e le storie contano, perché hanno il potere di cambiare il corso della storia, e possono salvarci.” 

Dopo questi ultimi  interventi è seguito quello che possiamo anche definire un ‘intervallo’ in cui il maestro Uto Ughi, violinista, si è esibito in un apprezzato concerto con una sua formazione orchestrale.

L’atteso intervento del Santo Padre

Papa Francesco col suo modo semplice e simpatico di porsi conclude umoristicamente l’evento, dicendo che è ora di andare a pranzo e che quindi ciò che voleva dire è nel documento che consegna al Prefetto del Dicastero della Comunicazione Paolo Ruffini, e si congeda con queste parole prima di salutare e ringraziare gli intervenuti:

Care sorelle e cari fratelli, buongiorno! E grazie tante di essere venuti! Nelle mani ho un discorso di nove pagine. A quest’ora, con lo stomaco che incomincia a muoversi, leggere nove pagine sarebbe una tortura. Io darò questo al Prefetto. Che sia lui a comunicarlo a voi. volevo soltanto dire una parola sulla comunicazione. Comunicare è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza, una grande saggezza! Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere…” – “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante! Sono contento. E adesso vorrei salutarvi, e prima di tutto dare la benedizione. “