Italia un paese abbandonato… – “I poveri della pandemia”

Covid-19. Una parola che tutti ormai conosciamo troppo bene e che, con le sue varianti e appendici, è entrata prepotentemente nel nostro vocabolario, nei nostri discorsi quotidiani, nel nostro vivere.

Con il suo arrivo, tutto il mondo si è trovato di fronte a un’emergenza senza eguali. Tutti ne siamo stati toccati, chi in un modo chi nell’altro, chi direttamente chi tramite conoscenti, amici o persone care. Tutti abbiamo dovuto cambiare il nostro modo di vivere, ci siamo dovuti adeguare a convivere con il virus. Quante volte abbiamo sentito l’espressione “convivere con il virus”? Molteplici. Ed è proprio così. Malvolentieri, costringendoci a ingoiare un boccone amaro che sembra non scendere mai, gli abbiamo fatto spazio, ci siamo fatti piccoli piccoli, sacrificando le nostre vite per convivere con quest’ospite del tutto indesiderato.

I tre aspetti principali toccati dal virus sono quello sanitario, quello emotivo e quello economico.

Dal mese di marzo dello scorso anno in Italia i casi di positività da Coronavirus hanno raggiunto i 3 milioni e le persone morte di Coronavirus hanno superato le 100mila. Numeri che fanno rabbrividire solo a sentirli. Non dimenticheremo facilmente, all’inizio di quest’incubo, la processione dei camion dell’esercito italiano nella città di Bergamo con a bordo i feretri che il cimitero non riusciva più a contenere per il loro numero così elevato. Non dimenticheremo facilmente le immagini degli operatori sanitari sfiancati e distrutti fisicamente dopo giornate intere a combattere contro il mostro. Non dimenticheremo i segni sul loro volto.

Anche a livello psicologico il virus ci ha tolto tanto. Ci ha tolto l’aria, la libertà, la serenità. Tutti chiusi in casa a ripeterci il banale mantra “andrà tutto bene”, ma intanto a farci compagnia c’erano la solitudine e la disperazione. Gli insegnanti si ritrovano a fare i conti con i “buchi” di apprendimento degli studenti, vittime di una DAD disorganizzata e lasciata al caso. Le donne che vivono con uomini violenti in un ambiente poco confortevole, sono costrette a stare ancora di più a stretto contatto con i loro aguzzini. La stabilità emotiva di molti è stata minata. Tanti ragazzi che non hanno più speranze, non credono più nel futuro; tante persone che si sentono ancora più sole; tanta gente che ha perso il lavoro.

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Il lavoro. In questi mesi la pandemia ha scavato un solco molto profondo nell’economia mondiale, ma in particolare nel nostro Paese: in meno di un anno, l’intera geografia occupazionale italiana è stata stravolta, comportando la conseguente crisi di moltissimi settori.

La Banca mondiale stima che la pandemia da Covid-19 ha dato vita ad una delle peggiori recessioni economiche dal 1870, portando con sé un drammatico aumento dei livelli di povertà. Riguardo l’Italia, l’Inps illustra i dati dell’ultimo anno sui rapporti di lavoro: crollano i contratti a tempo determinato, intermittenti, stagionali e di somministrazione. Gli unici ad avere un segno positivo sono i rapporti a tempo indeterminato, ma in questo caso il merito è del blocco di licenziamenti. Erogati 33,5 miliardi nell’ultimo anno, tra supporto alle famiglie e alle imprese. I posti di lavoro persi in un anno sono stati 662mila.

Da un anno a questa parte, tra chiusure forzate, aperture estive, possibilità di asporto e di nuovo chiusure ma solo a cena, il mondo della ristorazione è messo a dura prova. Le categorie sportive tutte annaspano. Palestre e piscine chiuse da quasi un anno. Per non parlare del turismo che è in ginocchio. Il turismo nazionale è stato privo o quasi degli arrivi dall’estero. Viaggi sospesi, in Italia vietati gli spostamenti tra regioni. La cultura piange; musei, teatri e cinema. Tutto chiuso, bloccato e immobilizzato. Concerti sospesi. Negozi di estetisti e parrucchieri chiusi. Negozi di abbigliamento e vendita al dettaglio chiusi.

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Si avvicina molto a un bollettino di guerra, ma purtroppo è la realtà. L’economia ha subìto un duro colpo. Tante persone sono state licenziate. Messe alla porta per un fallimento dell’azienda, perché c’era bisogno di fare tagli al personale. Altre sono state messe in cassa integrazione. C’è chi sta aspettando ancora i tanto promessi soldi della tanto promessa cassa integrazione di marzo 2020. E possiamo benissimo immaginare cosa significhi non avere entrate per un anno. Certo che possiamo. Si arriva a un livello tale di disperazione che ci porta ad avere i pensieri più estremi. E a compiere i gesti più estremi. Come quello del titolare di un’agenzia di viaggi in Toscana che si è tolto la vita perché non sapeva più come pagare i suoi debiti.

Le attuali misure non sono sufficienti a tutelare le categorie di lavoratori maggiormente colpite. Sono stati più volte lanciati appelli di come il terziario sia allo stremo. Tuttavia questi sono stati inascoltati. Siamo nel bel mezzo di una crisi che non risparmia quasi nessuno e che non accenna a esaurirsi.

Basta fare un giro nel territorio nazionale e vedere sempre più saracinesche abbassate.

Si spera che la saracinesca della nostra anima non sia mai troppo chiusa per continuare a sperare, e a fare ciò che è nelle nostre possibilità per il bene della comunità.

Giovanni Falcone disse, riguardo la mafia, che come tutti i fenomeni della nostra realtà hanno un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. Anche per il Covid, il nostro nuovo nemico, sarà così. E torneranno i sorrisi a saracinesche aperte.


Pubblicato su “I FATTI Area metropolitana” Edizione di Aprile 2021


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