Un decennio di interminabile attesa è sfilato via e, finalmente, sembra proprio profilarsi all’orizzonte il cantiere del Museo della Shoah. Un cantiere che sarebbe pronto a risorgere dalle proprie ceneri. Settembre è la data fatidica in cui i lavori riprenderanno, una data annunciata con respiro affannato (ci si consenta un po’ di ironia) dall’assessora capitolina ai Lavori pubblici, Ornella Segnalini.
L’assessora
“Siamo a buon punto”, ha commentato Segnalini “La variante al progetto sarà presentata non appena reperiti i fondi necessari.” Parole che echeggiano nel vuoto, un’eco di promesse sussurrate al vento.
La realizzazione del museo è la promessa di un’opera attesa da tempo. Sorgerà nella Capitale, accanto a Villa Torlonia, l’ex residenza di Mussolini, un’ambientazione carica di simbolismo. Una scelta non casuale che negli anni ha generato un vortice di polemiche, un’infernale danza di ritardi e ricorsi legali. Un cantiere tormentato di un’opera dannata, impantanata in un dedalo di problemi.
Il cantiere
I lavori, erano iniziati nell’agosto del 2016 e sono rimasti bloccati, immobili come statue di sale, fino al 2021, quando finalmente il progetto esecutivo ha visto la luce. Ma il calvario non era terminato. Monitoraggi del terreno, bonifiche belliche, indagini archeologiche… Ogni scavo ha rivelato nuove insidie, nuove difficoltà. Cavità nel sottosuolo, una falda in pressione a 20 metri di profondità… un incubo geologico che ha costretto a rivedere completamente la tecnica costruttiva.
Il direttore del progetto
Andrea Proietti, il direttore del progetto ha spiegato: “Abbiamo dovuto cambiare tutto. È stata trovata una falda in pressione a 20 metri di profondità che interferiva con le paratie strutturali previste”. Questo elemento è stata la causa di un cambiamento della tecnica costruttiva, infatti Proietti ha precisato: “Useremo il metodo top down. Costruiremo dall’alto verso il basso, con fondazioni meno profonde. Si andrà così ad evitare rischi di stabilità dei vicini edifici”. un’impresa ardua, per evitare appunto di compromettere gli edifici circostanti.
A quando l’approvazione?
Entro l’estate si dovrebbe arrivare all’approvazione definitiva della variante. Poi ci vorranno tre anni per completare i lavori. “Ora andremo avanti più rapidamente”, assicura Segnalini, ma le parole suonano come un fragile tentativo di convincere se stessa più che gli altri.
La parte tecnica è ok ma restano le polemiche
I problemi tecnici sembrano risolti, ma le pieghe della politica e della società continuano ad esserci. Ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, appelli di associazioni ambientaliste, come Italia Nostra che vorrebbe lo spostamento in altra area, perché giudica fragile il contesto paesaggistico e archeologico di Villa Torlonia. Negli ultimi tempi poi, il sito di costruzione è stato bersaglio di rimostranze piuttosto colorite, pro-Palestina. Il destino del museo, resta insomma appeso a un filo, un fragile equilibrio tra speranza e disperazione.
Foto: artribune.com