La catena della raccolta dei rifiuti, quanto costa e perché

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Tra le tante tasse e gabelle che “affliggono” gli italiani lasciandoli a volte delusi dalla contropartita, figura sicuramente la Tari, l’imposta che dal 2014 è deputata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Sono i Comuni a determinarne le tariffe in base alla superficie abitativa e alla quantità di rifiuti prodotti e in relazione agli usi e tipologie delle attività. L’equazione è semplice: più un Comune spenderà per la gestione dei rifiuti, maggiore sarà la tassa per cittadini e imprese.

Con la Tari si vanno a coprire i costi di gestione del Comune per la raccolta e il trasporto dei rifiuti, lo spazzamento e il lavaggio delle strade, il trattamento dei rifiuti, lo smaltimento.

Cittadini scontenti

Il servizio tuttavia non risponde sempre alle attese e le ragioni di quello che, in taluni casi, diventa un “disservizio”, vanno ricercate ed identificate in base all’area territoriale servita. Esistono realtà soddisfacenti mentre ce ne sono altre per nulla capaci di assolvere al compito. Le discariche sono piene e gli impianti di riciclo faticano a trovare ampie collocazioni a livello nazionale. Anche tra regione e regione, i dati differiscono in maniera significativa, il Paese così si trova ad avere regioni virtuose ed altre fanalino di coda. Tutto ciò ricade sulla qualità di vita dei cittadini, (e non solo per i costi).

La riforma della tassa sui rifiuti

Arera, con delibera n. 15/2022 approvata il 18 gennaio scorso ha disposto nuovi criteri per i Comuni. Queste disposizioni hanno avuto tempo fino al 31 marzo per essere attuate. Tra le novità è previsto il pagamento rateale per gli utenti in disagio economico, ma anche per coloro che hanno subito un aumento significativo della tassa. Altra importante variazione riguarda la tempistica per le risposte ai reclami ed alle richieste di informazioni. Dovranno trovare riscontro entro 30 giorni.

Tutte le novità della riforma che interesserà cittadini ed enti locali scatteranno dal 1° gennaio 2023, tuttavia per i Comuni i tempi per l’applicazione dei nuovi criteri sono stati fissati al 31 marzo 2022.

Uno standard per tutto il territorio

La delibera Arera ha definito un pacchetto di obblighi di servizio. Lo scopo è di fissare uno standard omogeneo per tutto il territorio nazionale. Di conseguenza sono superate le frammentazioni che interessano il sevizio di raccolta dei rifiuti. Sebbene la riforma sarà operativa dal 1° gennaio 2023, gli enti territoriali sono invitati a scegliere uno dei quattro schemi regolatori previsti. (Secondo i principi di gradualità e sostenibilità economica).

I nuovi obblighi sono legati al rapporto con l’utenza e interessano il servizio di raccolta fornito. Si deve disporre un programma delle attività di raccolta, spazzamento e lavaggio strade, indicando per ogni strada la fascia oraria del servizio.

Quanto “costa” la Tari nel 2022

Il calcolo per stabilire l’importo dovuto tiene conto della quantità di rifiuti prodotti in via presuntiva stabilita dalle delibere comunali, tenendo conto di due componenti: quota fissa e quota variabile.

La quota fissa si ottiene dal calcolo dei metri quadrati dell’immobile (e relative pertinenze) per il numero degli occupanti. Nel caso il proprietario non sia residente, il numero degli occupanti viene determinato da una tabella specifica.

La quota variabile è diversa da Comune a Comune poiché deve tenere conto della quantità dei rifiuti conferiti.

Gli elementi da valutare nel calcolo sono: la superficie in metri quadri e catastali, il periodo di riferimento, il nucleo familiare, la quota fissa, quella variabile e la quota provinciale (5%).

Le scadenze

Le date possono variare in base alle scelte del Comune ma solitamente la Tari è suddivisa in tre rate: fine aprile, fine luglio e fine anno. E’ il Comune che si fa carico dell’invio dei bollettini di pagamento agli utenti.