L’infanzia vista sotto l’occhio pedagogico

Gli inizi

Nel passato, l’infanzia non era vista come oggi, dove il bambino è tutelato e protetto, ma per lungo tempo c’è stata l’ambivalenza di considerare i bambini esseri imperfetti, da un lato, simili ad animali, più soggetti a commettere errori e peccati ed un peso in situazioni di povertà; dall’altro una fonte di gioia e parte integrante della famiglia, che avrebbe potuto proseguire la sua esistenza una volta che il bambino fosse cresciuto.

La cosa era variabile da cultura a cultura, basti pensare nella sola Grecia, quanto potevano essere differenti i sistemi educazionali tra Atene e Sparta; la prima istruiva l’infante alle arti, alla letteratura, all’astronomia, mentre la seconda fin dalla tenera età forgiava nel bambino un soldato, un temibile guerriero.

QuMcLaughin, scrisse che nel medioevo, i genitori avevano atteggiamenti contrastanti, tra quello protettivo e quello distruttivo e di rifiuto; in un epoca in cui i contraccettivi e la televisione non esistevano, erano molti i figli che venivano dati alla luce, anche nelle famiglie più povere e molti quelli che purtroppo morivano in tenera età, per stenti o malattie, privati delle necessarie cure, abbandonati a se stessi o costretti a lavori pesanti nei campi.

Le ricerche effettuate sul periodo del Rinascimento, evidenziano invece degli atteggiamenti genitoriali più distaccati; gli adulti non sapevano se considerare i figli un bene o un male, non sapevano se includerli nella società degli adulti oppure tenerli al di fuori, un atteggiamento che perdurò fino all’800, quando nacque una nuova branca della medicina, che avrebbe valorizzato di più gli infanti: La Pediatria.

L’affermazione del bambino nella società adulta

Se prima la cura dei bambini era affidata esclusivamente alle donne, ora ci pensava una vera e propria scienza, a correggere tutti quegli atteggiamenti sconsiderati, che venivano applicati ai bambini, come ad esempio il fatto che venissero fasciati completamente, per far si che rimanessero immobili mentre le madri sbrigavano le faccende domestiche; questa aberrante pratica  rallentava la circolazione del sangue, causava piaghe ed eruzioni cutanee, visto che il bambino rimaneva per ore a contatto con i propri escrementi. La fasciatura infatti era talmente complessa che poteva durare anche un’ora e di conseguenza il bambino veniva cambiato solamente quando si decideva di svolgerla.

Erano molto utilizzate le punizioni corporali, o terrorizzare psicologicamente i bambini per farli stare buoni, come ad esempio la minaccia di essere venduti al mercato, di essere buttati in strada o rapiti “dall’uomo nero”; era pratica comune l’abbandono, disfarsi del neonato perché non in grado di mantenerlo.

Quindi i figli erano cresciuti con durezza, per abituarli ad affrontare sin da subito un mondo ostile e duro, oppure abbandonati a se stessi da genitori incapaci di gestire un esserino indifeso, bisognoso di molte cure; Lo storico Lawrence Stone, che ha condotto ricerche sulla vita inglese tra il cinquecento e l’ottocento, ha scritto che,  “La miseria umana può toccare dei livelli in cui l’intensità della lotta per soddisfare l’esigenza fondamentale del cibo e del tetto lascia ben poco spazio alle emozioni e ai rapporti affettivi. Se il secondo impulso fondamentale, quello alla soddisfazione sessuale, produce dei piccoli e ingordi concorrenti a una riserva di cibo insufficiente, è inevitabile che questi vengano trattati nel migliore dei casi con trascuratezza, e nel peggiore con una deliberata ostilità che ne incoraggia la rapida dipartita da questo mondo”.

E’ stato evidenziato dalla psicoanalisi che il modo in cui un adulto si rapporta con un bambino, dipende anche da bisogni personali dettati dall’inconscio, legati da esperienze di vita trascorsa personalmente, come ad esempio traumi infantili, maltrattamenti in famiglia o da parte di estranei, strumentalizzazioni genitoriali e mancanze affettive o bisogni mai soddisfatti.

Essendo tratti del sub inconscio, è difficile riconoscere come parte di sé questi bisogni, che vengono separati ed attribuiti al prossimo e particolarmente , di riflesso, indotti sui bambini che sono soggetti più vulnerabili.

Gli adulti manipolano le paure dei bambini per vincere le proprie, sfruttando la propria posizione di forza per attaccare, il sub inconscio ed i suoi traumi, attraverso il bambino; l’uso di terrorizzare i bambini con racconti spaventosi su mostri, uomini neri e streghe è ancora attuale e fino a non molto tempo fa, i bambini venivano fatti assistere ad esecuzioni e linciaggi, al pari degli adulti, entrando fin da piccoli in un mondo di violenza, in una spirale senza uscita.

L’adulto si aspetta quindi dall’infante, che esso soddisfi i suoi bisogni , scontrandosi poi con l’incapacità per egli di soddisfarli, suscitando di riflesso sentimenti di ira e disprezzo, nei confronti del bambino, che viene ulteriormente colpito.

Nell’era moderna sono migliorate le condizioni sociali ed economiche, in Occidente, rispetto al periodo oscuro del Medioevo; da allora che aveva iniziato a farsi strada lentamente, l’idea che fosse necessaria una formazione scolastica generica e multiculturale dei giovani, che fino ad allora erano educati per svolgere solo mansioni specifiche (nascono le prime università); se le scuole fino ai primi del ‘900 restano un opportunità per bambini benestanti, durante il Fascismo diventano obbligatorie e alla portata di tutti, modificando radicalmente la società e parificando il percorso formativo di ogni bambino.

Nel 600’, il pedagogista e umanista Comenio, seguace di Aristotele, fece una suddivisione della vita evolutiva umana in quattro stadi, assegnando a ciascuno delle caratteristiche differenti, osteggiandola teoria vigente, che assimilava il bambino ad un adulto in miniatura e già formato anche per la riproduzione (Nel medioevo, come oggi in alcuni paesi mussulmani, era frequente far convolare a nozze adulti con bambini o bambini con altri bambini, costringendoli ad avere rapporti sessuali ed a procreare).

Questa concezione venne si accettata, offrendo una maggiore pianificazione nell’ambito educazionale, ma di fatto introducendo provvedimenti disciplinari più duri, visto che ora, il bambino non era più sullo stesso piano sociale di un adulto, ma era considerato come un essere debole e inferiore, che doveva obbedire in tutto e per tutto all’adulto.

Nascono i primi collegi, gestiti solitamente da ecclesiastici, come mezzo di educazione, ma anche di disciplina ferrea, dapprima rivolta a un ristretto numero di giovani destinati alla vita clericale, per poi aprirsi a nobili, borghesi, fino alle famiglie più umili.

Oltre a una maggiore attenzione per la severità e la disciplina, fu accettata l’idea che le fasi di sviluppo sono molteplici e non una sola e seguendo una linea continua; tesi che venne successivamente abbracciata anche dal noto filosofo e musicista Rousseau.

Rousseau, è molto conosciuto per aver scritto il romanzo pedagogico, di quattro libri, “Emile de l’education”, ovvero l’Emilio dell’educazione; il testo assume un ragazzo di nome Emilio come modello pedagogico, crescendo il giovane in un contesto sociale distante dall’umanità e a contatto stretto con la natura.

Emilio viene formato da un precettore come uomo, ma anche come cittadino, affrontando i pericoli derivanti dalla “Civilizzazione”; la sua educazione ha una durata di 25 anni, durante i quali il precettore lo guida attraverso molteplici esperienze, con lo scopo di fargli raggiungere la maturità, restando lontano dalla corruzione del mondo esterno, applicando una educazione negativa, ovvero lasciando che sia il bambino da solo attraverso le esperienze personali a comprendere i suoi sbagli ed i suoi limiti.

Come nel caso della finestra rotta, in cui Emilio viene costretto a dormire nella stanza al freddo, fin che il vetro da lui frantumato non viene riparato; all’inizio dell’adolescenza, Emilio non viene educato solamente sotto il profilo culturale e religioso, ma apprende anche un lavoro manuale.

Rousseau, con questo romanzo, propone ai lettori una fusione di pedagogia e riflessione filosofica, fondata sul principio che “l’uomo è naturalmente buono”, ma è la società che lo corrompe, e se nel precedente romano, “Il contratto sociale”, egli sostiene che bisogna rinnovare la società anche da un punto di vista politico, con “L’Emilio” ha voluto ribadire che niente si può fare, se non si parte innanzitutto dall’educazione infantile, per creare uomini nuovi in una società nuova.

Anche se Rousseau è vissuto quasi trecento anni fa,  ad oggi, nella pedagogia moderna, sono considerati ancora validi, molti dei suoi insegnamenti, che vengono trasmessi ai pedagoghi di domani.

Il cambiamento viene dalla donna

Anche il ruolo della donna andava migliorando in quell’epoca e il genere femminile, andava affermandosi verso una parificazione dei sessi, dapprima in Francia e successivamente espandendosi a macchia d’olio negli altri paesi europei.

L’uguaglianza sociale tra i due sessi era una condizione irrinunciabile e di riflesso andava a influire nel rapporto genitori-figli, non potendo più adottare regimi differenti per uomini e donne e godendo entrambi di pari diritti e doveri.

Secondo gli studi condotti, il decadimento della società patriarcale non andò solo a favore delle donne, ma anche dei bambini, le cui necessità vennero anteposte ai diritti dei genitori, l’autorità dell’adulto si conformava alle necessità del bambino e sulla sua debolezza e incapacità di essere autonomo.

Nel settecento, non si affermò soltanto il diritto all’uguaglianza, ma anche quello della felicità;  se inizialmente questo rapporto fu concesso tra gli sposi, che finalmente potevano scegliere con chi crearsi una vita di coppia,che iniziavano a rispettarsi vicendevolmente, questo amore venne trasmesso anche ai figli.

Si diffuse tra le famiglie borghesi il concetto che l’uomo non era più il monarca assoluto, doveva essere devoto alla moglie, rispettoso e affezionato alla prole; la donna conseguentemente non doveva più essere irresponsabile, diabolica, mendace, ma una compagna amabile,che amava i figli come frutto dell’amore e non dell’imposizione della tradizione di avere un successore.

La graduale trasformazione, ebbe effetto, anche grazie a una maggiore attenzione parentale, che vide concentrare il rapporto genitori-figli con legami affettivi più vigorosi e la presenza maggiore dei genitori, che prima invece si avvalevano di figure esterne, come balie e tate e tutori.

Agli inizi dell’800 si ridusse drasticamente l’utilizzo delle figure esterne ed a partire dalla seconda metà del secolo, la triste usanza di abbandonare i neonati, che non venivano neanche più mummificati da capo e a piedi con le bende, a favore di una famiglia amorevole e nucleare, stimolando di conseguenza anche il mondo della politica, attento alle necessità del popolo, a elevare la figura del bambino, che rappresentava in tempo di pace, l’espansione e la forza lavoro della nazione, ma anche coloro che avrebbero un giorno dovuto difenderla.

Tra gli anni ’20 e ’30, in Italia, il Fascismo prese in gran considerazione l’educazione infantile, attraverso riforme come quella dell’umanista Gentile, ma anche con l’istituzione dei Balilla e del “sabato fascista”; secondo la logica dell’epoca, un bambino avrebbe dovuto crescere acculturato, ma anche in perfetta forma fisica, pronto ad affrontare le avversità della nazione, sia con il verbo che con la spada, al punto che venne anche coniato il motto: “Libro e Moschetto, Fascista Perfetto”.

Il filosofo Giovanni Gentile, con la sua riforma, innalzò l’obbligo di frequentazione scolastica fino ai 14 anni, portando la scuola elementare dai sei ai dieci anni, obbligatoria e gratuita; la formazione doveva essere di tipo classico e umanista, andando in contrasto con chi prediligeva un insegnamento tecnico-scientifico e con la Chiesa Cattolica, visto che l’insegnamento della Religione era previsto soltanto durante le elementari.

Un’altra valorizzazione dell’infanzia, fu l’aumento dell’aspettativa di vita, maggiori cure da parte dei genitori, evitavano al bambino di farsi male, di ammalarsi di meno o comunque di ricevere le dovute attenzioni quando contraeva una febbre; L’800, fu un secolo importante sotto l’aspetto pedagogico, poiché gli scienziati, iniziarono a interessarsi all’infanzia, a studiarne la mente, le patologie.

Inoltre cominciarono a comparire i primi romanzi dedicati ai bambini o con bambini protagonisti, le operette morali e retoriche, imponendo la figura del bambino nel nucleo familiare con un proprio ego consolidando il ruolo materno, così come già sottolineava sempre Rousseau, che suggeriva come “Sophie”, dovesse essere allevata con amore, in modo da poter soddisfare i doveri di moglie e di madre, prendendosi cura dei figli e diventando il fulcro di quel nucleo familiare.

L’umanista ginevrino, incolpava dello spopolamento in Europa, quelle madri che non erano disposte a fare il loro dovere e scrisse che “dalla donna dipende la prima educazione dell’uomo, dalla donna dipende anche ogni sua futura abitudine”; la donna avrebbe dovuto allevare i bambini e trasformarli in uomini, continuando a curarli quando fossero cresciuti, consigliandoli e consolandoli nei momenti difficili.

Questa idea umanistica venne socialmente accettata e le madri lontane dal focolare casalingo, avvezze alla vita mondana, vennero bollate di egoismo e causa della disgregazione familiare; di pari passo anche le madri che rifiutavano di allattare affibbiando i neonati alle balie, assunsero la fama di corrotte ed immorali.

Per queste ragioni, si levò dapprima dalla borghesia un’alta adesione ai doveri familiari (esse avevano meno impegni rispetto alle donne della nobiltà con attività mondane e rispetto alle popolane, avevano più possibilità che i sacrifici venissero coronati dal successo.)

Tra il passaggio del secolo XIX° al XX° secolo, l’impegno femminile nel nucleo familiare aumentò considerevolmente, abbracciando quasi come una missione, quella di non solo mettere al mondo i figli e svezzarli nei primi anni di vita, ma anche seguirne la formazione scolastica e virtuosa, favorendo quelle doti individuali, che avrebbero permesso il raggiungimento del successo e l’affermazione nel mondo del lavoro.

 

Il bambino un tesoro da proteggere

 

Vi fu così nel mondo occidentale, un notevole incremento, nel tempo, dell’attenzione verso l’infanzia , crescendo i giovani e indirizzandoli verso una società che li disciplinava quanto basta, li proteggeva e cercava di risolvere i loro bisogni e le loro esigenze psicologiche.

Dopo Rousseau si affermarono altre grandi figure nella pedagogia moderna, come Freud, Plaget, Montessori, Winnicott e molti altri, che costruirono un percorso ideale per il bambino, convincendo la società che la fanciullezza e l’infanzia dovessero essere salvaguardate e tenute distanti dai mali a cui è sottoposto un adulto.

Comenio, fu padre ispiratore di Rousseau e Piaget, nel concetto dello stadio di sviluppo, mettendo in luce il concetto che vi sono delle notevoli differenze tra il modo di pensare ed agire, di un bambino, rispetto a un adulto, mentre fu la Montessori, ricalcando le orme di Itard a concepire, che non si può operare una separazione tra corpo e mente, risaltando l’importanza dei sensi e della partecipazione attiva nella fase dell’apprendimento.

Freud indagò nell’inconscio degli adulti, scoprendo che molti dei disagi mentali, erano causati dalle esperienze occorse nell’età infantile, proponendo un nuovo metodo di indagine medica che non andava più a ricercare l’infelicità nelle situazioni quotidiane, ma a scavare nel passato più recondito per rattoppare gli strappi della mente.

I genitori vennero così a loro volta educati a tenere i bambini lontani da esperienze traumatiche, da responsabilità superiori ai propri limiti e soltanto se protetti in maniera adeguata, nei momenti più delicati, essi avrebbero potuto sviluppare quel senso di sicurezza verso la vita e la fiducia in se stessi, che avrebbe permesso loro, una volta divenuti adulti, di inserirsi nella società.

Contestualmente con le fasciature sparirono tutti quegli strumenti coercitivi, come le briglie, le gabbie ed aumentò l’impegno delle madri verso i figli, anche se le ultime come già detto furono le donne del popolo, costrette a lavorare nei campi e in fabbrica e di conseguenza meno tempo libero a disposizione.

Il bambino ora libero da impedimenti lasciava riscoprire nell’adulto un nuovo rapporto, fatto di carezze, di abbracci, di giochi, ricevendo sorrisi e gridolini, ma soprattutto una sensazione di benessere unica; legame che di riflesso si instaurava con il padre, che ora poteva rapportarsi con un bambino che assomigliava di più a una persona che ad un oggetto, più sereno, meno capriccioso e di conseguenza più gradevole.

I figli diventarono il bene più prezioso della casa, acquistando valore; la sua morte avrebbe rappresentato un vuoto incolmabile, che prima veniva sostituito da altri figli, concepiti in gran numero; nacque la figura del Pediatra e la concezione dell’igiene, dei vaccini e della cura di tutte le malattie infantili.

Maggiori cure, garantirono ai bambini maggiori probabilità di sopravvivenza, sparirono le malattie gastrointestinali o dell’apparato respiratorio, che fino all’inizio del ‘900 erano la maggiore causa di morte infantile.

Si affermò anche una nuova immagine della donna e della madre, ora vista come una persona competente e responsabile, che non si affida più alle preghiere o al destino, ma è una persona informata delle diete, della salute, delle esigenze psicologiche del minore, ma anche del proprio ruolo di genitore; che segue il figlio nell’educazione scolastica e lo segue a tal punto che può far “ingelosire il marito”.

Ma questo non ha più importanza nella società moderna, dove il figlio viene messo sempre al primo posto, dove non viene più lasciato sporco per ore, dove la pappa con la farina è stata sostituita da omogeneizzati proteici e la donna inizia a prendersene cura già da quando è incinta seguendo diete appropriate ed interrompendo abitudini deleterie, come il fumo e l’alcol.