Nel discorso di laurea condanna Israele e l’università non rilascia il diploma

È successo alla Gallatin School of Individualized Study della NYU, negli Usa

Durante la cerimonia di laurea, davanti a studenti, famiglie e docenti, Logan Rozos, studente della Gallatin School della NYU, ha pronunciato un discorso scomodo. Ha avuto il coraggio di denunciare pubblicamente le atrocità commesse da Israele nella Striscia di Gaza. Una presa di posizione morale e politica, che però l’università ha scelto di reprimere.

Accuse agli Usa

Dopo aver parlato apertamente di genocidio e complicità degli Stati Uniti, Rozos si è visto negare il rilascio del diploma, in un atto che ha tutta l’aria di una ritorsione politica travestita da sanzione disciplinare. Nel suo intervento, Rozos ha dichiarato: “L’unica cosa giusta da dire oggi, davanti a così tante persone, è che dobbiamo riconoscere le atrocità in corso in Palestina”. Ha poi accusato Israele di aver massacrato oltre 53.000 palestinesi in un anno e mezzo, e ha sottolineato come tutto ciò sia stato sostenuto dal governo statunitense. Finanziato con le tasse dei cittadini americani e trasmesso in diretta sotto gli occhi di tutti. Le sue parole, accolte da un fragoroso applauso da parte del pubblico, non sono però state tollerate dalla NYU.

La presa di posizione dell’università

L’amministrazione universitaria ha risposto con una nota durissima, definendo l’intervento di Rozos una violazione delle regole e un abuso dell’occasione. In modo emblematico, ha condannato, non il contenuto del discorso, cioè la denuncia di un massacro, ma il fatto che uno studente abbia osato esprimere opinioni politiche in un contesto ufficiale. A dimostrazione di quanto poco spazio ci sia, anche negli ambienti accademici che si dicono progressisti, per una critica pubblica alle politiche israeliane.

La NYU ha addirittura affermato che Rozos avrebbe “mentito” sul contenuto del suo intervento e “abusato del privilegio” di parlare alla cerimonia.

Israele non si tocca (?)

Ciò che viene da chiedersi è chi abbia davvero abusato del proprio potere? Uno studente che ha denunciato un’ingiustizia, o un’università che zittisce il dissenso? E non si tratta di un caso isolato. L’episodio si inserisce in un clima sempre più repressivo dentro le università americane, dove le manifestazioni in solidarietà con la Palestina vengono sistematicamente osteggiate. Ad agosto, la NYU ha persino aggiornato le proprie linee guida, arrivando a classificare la parola “sionista” come esempio di discorso discriminatorio.

Sono scelte che appaiono come un tentativo evidente di censurare ogni critica al governo israeliano. Come se non bastasse, l’ateneo ha licenziato due docenti che avevano osato denunciare la crescente censura all’interno dell’istituzione, accusandoli di essere diventati “persone non grate”.

Il caso Rozos è emblematico di un problema più grande: il diritto alla libertà di espressione sembra valere solo finché non tocca gli interessi di chi detiene il potere.

Foto: variety.com