Cassa Integrazione, la durata dell’indennità: quali lavoratori possono accedervi e tempi di pagamento

Per la Cassa Integrazione sono tanti i lavoratori che si chiedono come possono accedervi e soprattutto i tempi di pagamenti, come riporta ilsole24ore.com, ci sono le modalità per farlo.

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Cassa integrazione ordinaria, in deroga, assegno ordinario erogato dal Fondo di integrazione salariale (Fis) o dai fondi di solidarietà di settore, tutti con causale Covid-19. Sono questi gli ammortizzatori ad hoc messi in campo dal governo per fronteggiare le conseguenze occupazionali dell’emergenza coronavirus. L’integrazione al reddito può essere utilizzata per sospensioni o riduzioni dell’attività dal 23 febbraio e fino al 31 agosto (quest’ultimo termine per Cigo e Fis, mentre per la Cigd decidono le Regioni).

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Si tratta di strumenti uguali per alcuni aspetti, come la durata massima, pari per tutti a 9 settimane, ma differenti per altri, tra cui le procedure da seguire. Oltre a ciò si tenga presente che questi ammortizzatori contenuti nel decreto 18/2020 cura Italia, si sommano a quelli previsti dal Dl 9/2020 per le zone rosse individuate in una prima fase (undici comuni) e le zone gialle (le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), determinando un puzzle di non semplice composizione.

La causale specifica, cioè il motivo per cui si richiede l’ammortizzatore, attribuisce delle caratteristiche speciali agli strumenti ordinari (come si evince dal nome degli stessi) e permette l’applicazione di quelli in deroga alla normativa generale. Ad esempio consente di far risultare neutrali le 9 settimane ai fini del conteggio dell’utilizzo massimo degli ammortizzatori sociali nel biennio e nel quinquennio ed esenta dal pagamento della contribuzione aggiuntiva che scatta di norma quando si accede a questi strumenti.

E ancora, con l’eccezione parziale della Cigd, semplifica o elimina l’accordo tra azienda e sindacati, può riguardare anche i dipendenti senza anzianità minima prevista dalle regole standard. Tuttavia questi “superpoteri” non eliminano del tutto le differenze tra i vari tipi di ammortizzatore a cui le aziende devono fare riferimento, senza possibilità di scelta, in base al loro inquadramento previdenziale. E qui iniziano le complicazioni.

Cigo e Fis
La cassa integrazione ordinaria oppure l’assegno ordinario del Fondo di integrazione salariale possono essere usati dalle aziende che rientrano nei rispettivi ambiti di azione. Per avere un’idea del rapporto tra i due “mondi” si consideri che al 10 aprile Inps ha ricevuto 198mila domande di Cigo per 2,9milioni di lavoratori e 100mila domande per il Fis per 1,7 milioni di persone.

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La causale Covid-19 consente l’erogazione dell’assegno ordinario anche alle imprese con più di 5 addetti e fino a 15 che, di norma, non avrebbero diritto a questo strumento, riservato a quelle di maggiori dimensioni. Tuttavia l’utilizzo del Fis è incompatibile con l’erogazione degli assegni per il nucleo familiare, quindi i lavoratori che rientrano in tale ambito attualmente subiscono questa penalizzazione, che però il ministro del Lavoro ha annunciato di voler sanare con uno dei prossimi decreti legge.

La causale Covid-19 vale anche per la cassa integrazione di operai e impiegati a tempo indeterminato dipendenti da imprese agricole, ma in questo caso le nove settimane, secondo le indicazioni fornite dall’Inps, non si aggiungono ai 90 giorni di cassa annuali su cui può contare il settore.

Cassa in deroga
Per tutte le altre aziende c’è la Cassa integrazione in deroga (Cigd), oppure i rispettivi fondi di solidarietà di settore, tra cui quello dell’artigianato, dei lavoratori interinali, del comparto bancario e di quello assicurativo.

Alla Cigd accedono in particolare le aziende del commercio e le agenzie di viaggi e turismo con oltre 50 dipendenti, che di base possono contare solo sulla cassa integrazione straordinaria, mentre è il comparto aereo e aeroportuale può comunque fare ricorso alla Cigs perché in tal caso può integrare integrare l’importo dell’assegno oltre i massimali di legge grazie all’intervento del fondo di solidarietà di settore.

La complicazione della Cigd è che la sua applicazione è demandata alle Regioni e alle Province autonome che hanno messo a punto altrettanti accordi regolamentari con le parti sociali. Tempi di utilizzo dell’ammortizzatore e modalità di presentazione delle domande cambiano quindi di territorio in territorio.

Per ridurre questa complessità, le aziende che sono presenti in almeno 5 regioni presentano la domanda al ministero del Lavoro utilizzando il canale Cigsonline e le istruzioni contenute nella circolare ministeriale 8/2020.

L’imbuto per le domande
Il decreto cura Italia è entrato in vigore il 17 marzo, e dalla settimana seguente l’Inps ha aperto la procedura per l’invio delle domande. Tuttavia in questa prima fase l’istituto ha semplicemente recepito le richieste e la loro lavorazione inizierà nei prossimi giorni. Tempi più lunghi per la Cigd che transita dalle Regioni, dato che sono stati prima necessari alcuni chiarimenti normativi (peraltro non tutti i dubbi sono stati superati ancora oggi), poi le singole Regioni hanno dovuto attivare i canali per l’accettazione, quindi le domande ritenute valide vengono inoltrate all’Inps.

Il pagamento ai lavoratori può essere fatto dall’azienda o direttamente dall’Istituto di previdenza (unica soluzione per la Cigd). Nel primo caso i dipendenti incassano subito i soldi e poi l’impresa li conguaglia con i contributi dovuti all’Inps, nel secondo caso i tempi di pagamento si allungano. Delle prime domande presentate all’Inps per la Cigo circa l’80% prevede il pagamento da parte dell’azienda, mentre per gli assegni del Fis circa il 50 per cento.

Per questo motivo è stata definita una convenzione con le banche perché queste possano anticipare l’integrazione salariale. La richiesta deve essere fatta dal lavoratore all’istituto di credito, nel rispetto di alcuni parametri, adempimenti e requisiti che non rendono particolarmente semplice la procedura.

L’integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione ma nel rispetto di due massimali differenti in relazione all’importo dello stipendio. Con la conseguenza che in nessun caso l’assegno percepito supera i 1.199,72 euro mensili lordi.