Un verdetto attesissimo quello del caso della strage di Fidene, il 31 marzo sarà il giorno in cui la giustizia pronuncerà la sua sentenza. Un atto finale che dovrebbe portare un barlume di risoluzione a una tragedia che ha sconvolto un’intera comunità.
La strage
Era l’11 dicembre 2022 quando l’orrore si consumò sotto il freddo tendone di via Monte Giberto. Quella che avrebbe dovuto essere una normale riunione condominiale si trasformò in un bagno di sangue. Quattro donne persero la vita, mentre il terrore e la disperazione si impadronivano di chi era presente. Il silenzio di quella giornata continua a riecheggiare nelle vite di chi è sopravvissuto.
L’imputato
Sul banco degli imputati siede Claudio Campiti, l’uomo accusato di aver premeditato l’eccidio con una ferocia disumana. Non solo avrebbe ucciso senza pietà, ma avrebbe anche tentato di mietere altre vittime. Cinque persone scampate per un soffio al suo folle disegno di morte. Il dolore, però, non si è fermato a quei corpi straziati: la giustizia riconosce anche il peso devastante delle ferite invisibili, quelle impresse nella mente e nell’anima dei sopravvissuti.
Gli altri responsabili
Ma l’orrore non si ferma a un solo nome. Sul banco degli imputati ci sono anche due uomini legati alla sezione Tiro a Segno Nazionale di Roma. L’ex presidente e un ex dipendente del poligono di Tor di Quinto. È da lì che Campiti riuscì a impossessarsi della pistola con cui seminò la morte. Un’arma che, secondo l’accusa, non avrebbe mai dovuto finire nelle sue mani. La negligenza, l’assenza di controlli, l’incuria, tutto ha contribuito a rendere possibile una brutta vicenda altrimenti inimmaginabile.
Una gestione delle armi troppo disinvolta
Nel corso del dibattimento, la Procura ha smascherato falle gravissime nella gestione delle armi, sottolineando quanto la tragedia si sarebbe potuta evitare con un controllo più attento. Ora, le famiglie delle vittime e i sopravvissuti trattengono il fiato, in attesa di un verdetto che dovrà sancire non solo la colpevolezza degli imputati, ma anche il riconoscimento del dolore che hanno inflitto.
Le accuse
Claudio Campiti è accusato di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, oltre che di tentato omicidio di altre 5 persone presenti al consiglio di amministrazione del consorzio. Per lui è stato chiesto l’ergastolo. Inoltre, deve rispondere dell’accusa di lesioni personali, causate dal trauma psicologico subito dai sopravvissuti. Il 31 marzo sarà una data scolpita nella memoria di tutti gli interessati. Sarà il giorno in cui il tribunale dovrà dire l’ultima parola su un capitolo intriso di sangue, disperazione e rabbia. Sarà il giorno della resa dei conti.
Foto d’archivio tratta da: roma.corriere.it