Un blackout di memoria e un carico di ansia distribuito su diverse ore dopo il lungo viaggio. Ma anche un piccolo esercito silenzioso che, senza clamore e senza mantello da supereroe, si è attivato con calma e tenacia per il ritrovamento. È la storia, a lieto fine di Padre Michel: novant’anni suonati, sacerdote belga e compagno involontario di quel grande enigma chiamato demenza senile.
Il viaggio per una breve vacanza in famiglia
Ieri mattina, come da programma, è atterrato a Fiumicino da Vienna. Lo attendeva al Terminal T1 la sorella, residente a Ladispoli, pronta ad accoglierlo per una breve vacanza in famiglia. Avrebbe dovuto essere tutto semplice: assistenza prenotata, istruzioni impartite con la precisione di un orologio svizzero, contatti ben distribuiti a chi di dovere. Insomma, il piano era perfetto ma…
Appena messo piede sul suolo italiano, Padre Michel è stato assalito da un vuoto di memoria: ignaro di dove fosse, perché fosse lì e forse persino di chi fosse. Smarrito, letteralmente, tra i corridoi infiniti e i flussi umani del mastodontico scalo romano.
Attesa inutile
La sorella, nel frattempo, aspettava, ma del sacerdote neanche l’ombra. Dopo ore di silenzio, la preoccupazione è diventata panico e il panico si è trasformato in denuncia. La donna si è rivolta al Commissariato di Ladispoli. Da lì è partita la macchina dei soccorsi.
Avvio delle ricerche
La Polaria di Fiumicino ha risposto come nei migliori polizieschi: via alle ricerche, occhi puntati sulle telecamere, agenti mobilitati, Terminal scandagliato palmo a palmo. Passavano le ore, cresceva l’ansia, ma nessuno ha tirato i remi in barca.
Ritrovato
Poi, finalmente, nel tardo pomeriggio, ecco la svolta: un uomo stanco, disorientato ma incolume, si aggirava nei pressi del terminal delle partenze internazionali. Era lui. Padre Michel, il pellegrino involontario. Riconosciuto, soccorso e accompagnato negli uffici della Polaria dove ha ricevuto conforto, acqua e qualche parola di conforto.
Poco dopo, l’abbraccio commosso con la sorella. Il sipario è calato, l’applauso lo meritano tutti: da chi ha atteso con il cuore in gola a chi, senza fare troppo rumore, ha reso possibile un finale degno di essere raccontato.
Foto: coisp.it