La forza dei comitati spontanei: voce libera dei cittadini

Quando la politica tace, parlano i cittadini: perché i comitati spontanei sono diventati la vera anima dei quartieri

Foto di Repertorio – Nascita di un comitato spontaneo a Tor Pignattara

In ogni città, nei quartieri più periferici come nei rioni storici, ci sono momenti in cui la comunità si risveglia. Non parliamo di grandi eventi o celebrazioni ufficiali, ma di qualcosa di più profondo: cittadini che decidono di unirsi, di organizzarsi, di farsi sentire. Nascono così i comitati spontanei, realtà informali ma cariche di energia civile, che spesso diventano l’unico vero argine al degrado, all’abbandono e all’indifferenza.

Ma perché nascono questi comitati? La risposta è semplice e potente: per necessità. Perché davanti a un problema concreto — un albero abbattuto senza spiegazioni, un parco lasciato nell’incuria, un progetto edilizio calato dall’alto — non sempre esistono canali istituzionali in grado di ascoltare e reagire con tempestività. Così, dal basso, tra vicini di casa e messaggi su WhatsApp, si forma un gruppo. Un gruppo che si trasforma in voce collettiva, in presidio, in proposta.

A differenza dei comitati ufficiali riconosciuti dai Municipi o dalle amministrazioni, i comitati spontanei non chiedono il permesso. Non attendono convocazioni o delibere. Agiscono. Lo fanno con spirito libero, spesso con grande competenza, e con un obiettivo chiaro: difendere il bene comune. È proprio questa indipendenza, questa libertà da legami politici o partitici, a renderli credibili agli occhi di tanti cittadini che si sentono traditi da promesse mai mantenute e da una politica locale sempre più distante dalla realtà dei quartieri.

Essere indipendenti non significa essere contro tutto. Significa, semmai, voler ragionare con la propria testa, senza dover sottostare a logiche di schieramento o di opportunità. Ecco perché molti comitati spontanei scelgono di non affiliarsi ai comitati di quartiere istituzionali, spesso percepiti come strumenti di rappresentanza formale, con poca autonomia e ancor meno efficacia. Le istanze che emergono dalla cittadinanza attiva, invece, sono urgenti, dirette, spesso tecnicamente solide, e pretendono risposte vere, non solo aperture di tavoli o lettere di circostanza.

Foto di repertorio -Visita del sindaco di Roma Raggi a Tor Pignattara

Sarebbe un errore, però, vedere questi comitati come entità di protesta permanente. Al contrario, nella maggior parte dei casi sono realtà costruttive, capaci di proporre soluzioni, di progettare interventi, di collaborare quando trovano interlocutori sinceri. Sono laboratori civici dove si esercita una democrazia concreta, fatta di assemblee in piazza, di sopralluoghi, di lettere protocollate e di confronti serrati.

Oggi più che mai, in un tempo in cui la distanza tra cittadini e istituzioni si è allargata, i comitati spontanei rappresentano un antidoto alla disillusione. Sono un’espressione di responsabilità collettiva, una risposta coraggiosa alla tentazione dell’indifferenza.

Dare loro ascolto, valorizzarli, accoglierli come interlocutori legittimi è un dovere di chi amministra. Ignorarli o, peggio, delegittimarli, significa voltare le spalle a quella parte migliore della cittadinanza che, senza bandiere né incarichi, si rimbocca le maniche ogni giorno per difendere il proprio pezzo di città.